di Davide Simone

Quell'unità prima dell'unità (e i ritardi della Napoli spagnola). Negli anni della peste seicentesca, le autorità dei numerosi Stati in cui si allora componeva e divideva l'Italia diedero prova di un notevole spirito unitario di fatto; città e potenze diverse e rivali come Firenze, Genova, Venezia, Lucca, Milano, Mantova, Parma, Bologna, Ferrara, Ancona o Modena, mantennero infatti una comunicazione molto stretta, collaborando gomito a gomito e scambiandosi pareri e informazioni per combattere e contenere il morbo. A tal proposito desta particolare interesse l'accordo di mutuo soccorso che il Granducato di Toscana, la Repubblica di Genova e lo Stato Pontificio strinsero dall'autunno del 1652 al 1656-1657. A seguito di un "bando" disposto nel giugno 1652 da Genova verso le navi provenienti dalla Sardegna, per via del diffondersi della peste nella città di Alghero, Livorno e Pisa* adottarono misure restrittive anche nei confronti della Corsica**, data la sua vicinanza con la Sardegna. Ratificato frettolosamente dai magistrati della Sanità di Firenze, il blocco della Corsica (dove non era stato registrato alcun caso di infezione) causò la reazione furibonda di Genova e una crisi diplomatica tra le due potenze destinata a protrarsi per mesi. Resosi conto dell'errore e delle conseguenze che esso aveva determinato (innanzitutto un caos pericolosissimo dovuto al fatto che le due parti indirizzavano alle varie città italiane informazioni diverse e contrastanti), il granduca tese una mano a Genova offrendole una "capitolazione", cioè un accordo di collaborazione da estendersi anche a Napoli e alla Sana Sede e in base al quale i tre Stati si sarebbero scambiati informazioni sull'andamento dell’epidemia, avrebbero adottato comuni misure per il suo contenimento e avrebbero dislocato uno i rappresentanti nei porti dell'altro, al fine di garantire l'osservanza delle misure concordate. Accettata da Genova, e in forma meno vincolante da Roma, la "capitolazione" fu respinta dalle autorità partenopee, anche per l'impossibilità di garantire un eventuale blocco dei convogli spagnoli, essendo Napoli un possedimento del Paese iberico. A riguardo sarà utile menzionare il comportamento del reggente napoletano, che oltre a mostrarsi scortese verso l'ambasciatore fiorentino disse senza mezzi termini che loro il comitato sanitario non aveva nessuna credibilità, essendo composto da due semplici nobiluomini che avevano comprato la carica e che, per questo, cercavano di rientrare nella "spesa" con la corruzione. Ciò interviene anche a smentire una certa vulgata anti-unitaria, che vuole Napoli e il Sud generalmente e storicamente più avanzati e progrediti del resto d'Italia, prima del 1861 e prima delle stese Due Sicilie. Approfondimento: "bando" e "sospensione" In quel periodo, gli stati italiani presero una serie di provvedimenti restrittivi di vario livello al fine di contenere l'epidemia, spesso non molto diversi da quelli attuali. In particolare, ne spiccavano due:

-il bando

-la sospensione

Se in entrambi i casi tutte le merci e tutti gli individui provenienti dalle zone bandite o sospese potevano entrare solo da porti o valichi specificati e con all'interno stazioni di quarantena, il "bando" era una misura applicata quando la presenza della peste era stata accertata (si trattava allora di un provvedimento dalla scadenza indefinita, che molte volte imponeva persino la chiusura delle stazioni di quarantena), mentre la "sospensione" era una scelta precauzionale, revocabile in ogni momento. La zona sospesa poteva infatti soltanto confinare con una bandita o non avere osservato adeguate misure di controllo sanitario, causando i sospetti e i timori delle autorità degli altri stati

*città granducali

**possedimento genovese

Tra i riferimenti bibliografici: "Il pestifero e contagioso morbo. Combattere la peste nell'Italia del Seicento", di Carlo M. Cipolla.

E LE STELLE STANNO A GUARDARE

di Giuseppe Borgioli

Gli Stati Uniti d’America sono una repubblica o una monarchia?  Secondo me sono una monarchia assoluta elettiva.  Cerco di spiegare questo apparente paradosso. Il capo di questa monarchia sui generis viene eletto ogni 4 anni con la nota limitazione dei due mandati eccezion fatta per Franklin Delano Roosevelt. Il Presidente, una volta eletto, designa i suoi ministri, cioè i membri del suo gabinetto. Non c’à alcun voto di fiducia. Il Presidente può ritirare in qualsiasi momento ogni incarico esecutivo senza alcun voto di sfiducia. Tutto avviene in un rapporto di fiducia personale senza filtri istituzionali. È prevista l’audizione del candidato a segretario di stato (ministro degli esteri) nella commissione competente del Congresso e del Senato ma si tratta di un passaggio protocollare, più formale che sostanziale, e l’ultima parola spetta al Presidente.  Come abbiamo visto di recente l’unico modo per sbarazzarsi del Presidente eletto è l’impeachment. Tutto sommato il Presidente degli Stati Uniti d’America governa coi poteri di un monarca assoluto come    nell’ancien regime. La costituzione americana non divenne mai realmente repubblicana, e tantomeno una repubblica parlamentare come la intendiamo noi. Il vero terreno di scontro fra il Presidente e il Congresso si materializza una volta l’anno in occasione dell’approvazione del bilancio dell’Unione. Su questo terreno il braccio di ferro può durare mesi ed è normale ricorrere all’esercizio provvisorio. Queste considerazioni di massima tornano attuali in vista delle elezioni presidenziali del prossimo novembre. Martedì 3 marzo hanno avuto luogo le primarie per il partito democratico in 14 stati. Il super tuesday, come viene indicato, è stato un appuntamento decisivo per scegliere il candidato da contrapporre a Donald Trump. I risultati hanno visto prevalere Joe Biden, già vice di Barack Obama, sugli altri principali candidati Bernie Sanders il socialista e Michael Bloomberg il miliardario già sindaco di New York. Quest’ultimo si è ritirato annunciando il suo sostegno a Joe Biden che verosimilmente dovrà vedersela con Donald Trump.Così funziona il bipartitismo americano che ha poco a che fare con quello europeo. Se la sfida di novembre sarà fra Donald Trump e Joe Biden è difficile fare delle previsioni. L’economia americana va abbastanza bene e si sa che per lì Americano medio questa è la preoccupazione più importante. Va detto che il panorama dei candidati democratici à stato abbastanza deludente. Non sono emerse personalità forti (non pretendiamo carismatiche) mentre i temi di politica estera si sono maledettamente complicati. Basti fare mente locale al medio oriente. Il monarca assoluto elettivo deve giovarsi di qualche marcia in più per dominare gli eventi.  Ma la realtà offre ben poco. Fanno capolino i miliardari e immettono quantità di denaro sorprendenti nella macchina elettorale. È pur vero che la raccolta dei fondi a sostegno dei candidati, il fund raising, assicura un equilibrio fra il vecchio e il nuovo che a fatica emerge.   L’effetto mediatico delle elezioni à ormai un dato assodato.  Sono i media, specialmente i social e la televisione, che danno alle campagne elettorali americane quel tono “pittoresco” a cui siamo abituati. La democrazia è anche questo: spettacolo. Indro Montanelli diceva che la democrazia è il trionfo della mediocrità ed è difficile dargli torto.

 

di Davide Simone

Perché ti voto, perché non ti voto Il ruolo delle scienze IIINella scelta politica ed elettorale, il messaggio "emotivo" e "negativo" (capace di suscitare sentimenti quali rabbia, paura o disprezzo) avrebbe, secondo le neuroscienze, maggiori possibilità di attivare i circuiti neurali da cui dipende il comportamento di voto rispetto al messaggio "razionale" e "positivo". Più nel dettaglio, il Prof. Ted Brader fa notare come un messaggio "positivo" tenda a incoraggiare e galvanizzare i propri elettori senza tuttavia riuscire a coinvolgere gli altri, mentre un messaggio in grado di evocare ansie e paure aumenterà le possibilità di un candidato/partito/schieramento di convincere gli indecisi e , addirittura, di conquistare segmenti dell'elettorato dell'avversario. Ancora, il messaggio "emotivo" e "negativo" può far aumentare la partecipazione al voto e, sorprendentemente, rivela una capacità di penetrazione più alta nelle menti evolute. In ultima analisi e come dimostrato dai successi di personaggi come Ronald Reagan, Barack Obama o Silvio Berlusconi in Italia, la campagna vincente sarà quella impostata con equilibrio su speranza e paura, messaggio "negativo" e "positivo", emotività e cognizione, massimizzando i nostri punti di forza e le debolezze dell'avversario e minimizzando le nostre debolezze e i punti di forza dei rivali.

di Davide Simone

Passaggi e conoscenze per il data & cultural insight:

-analisi dei data (big e small), per capire a fondo i sistemi di credenza da modificare

-comprensione e uso dei bias cognitivi , per definire i sistemi di verità e cosa è vero per una comunità o un individuo

-strategia organizzativa, direzionale e geopolitica, per definire nel dettaglio i metodi in cui modificare un eventuale regime di verità

-hacking media, per pianificare un eventuale “attacco” mediatico, ma soprattutto proteggersi da eventuali aggressioni (cyber o meno che siano)

Passaggi e conoscenze per il fake design:

-design contro-fattuale, per definire i principi base su cui costruire informazioni e notizie inventate (falso, confuso, ecc)

-creazione di contenuti , per ottenere quelli necessari basati sui principi indivuiduati

Passaggi e conoscenze per il perception management:

-management delle percezioni, per allineare i contenuti individuati con le credenze dei pubblici e definire i nuovi modelli di percezione da far rivivere

-tecniche di framing, per definire le cornici cognitive (testuali e visive) più adatte con cui presentare i contenuti individuati

-architettura delle credenze, per monitorare in progress eventuali cambiamenti nei regimi di verità e intervenire prontamente

Passaggi e conoscenze per il truth building:

-strategia narrativa, per costruire il piano dei racconti necessari a influenzare un pubblico in base ai contenuti individuati e ai framing decisi

-story editing per fare la preparazione e l'editing dei diversi racconti individuati in base ai passaggi precedenti (sia testuali sia visivi)

-narrowcasting, per adattare i diversi contenuti narrativi, dedicati ai diversi pubblici, sui diversi media scelti e farli girare su canali individuati in modo sistematico

Competenze legali

(A. Fontana)

Troviamo qui riassunto uno schema-base sulle competenze e le abilità necessarie tanto per fare propaganda (intesa come alterazione della verità) quanto per saperla riconoscere e disinnescare. Uno schema applicabile ad ogni spazio del sapere e utilizzabile contro qualsiasi bersaglio, incentrato su un sistema complesso e definito di saperi ed esperienze. Non è insomma possibile improvvisarsi comunicatori e propagandisti, come non è possibile improvvisarsi debunker. Più nel dettaglio e come insegna il modello anglo-americano, sarà preferibile un lavoro d' equipe, in cui ognuno è destinato al proprio ambito di formazione specifico. Nel caso del debunking la mancanza di un adeguato background rischia di esporre all'errore, ma soprattutto alla contaminazione dell'elemento ideologico ed emotivo, fornendo un assist ideale all'“avversario.”