RIEDUCARE IL POPOLO

di Giuseppe Borgioli

C’è un sottile filo rosso che attraversa la storia politica dell’Italia unitaria di cui alcuni giornali e saggisti sono diventati i portavoce ufficiali con tanto di patente.  Il popolo è sul banco degli imputati. I nostri hanno emesso un giudizio una volta per tutte. Il popolo non è all’altezza delle élite che lo governano o che costituiscono la classe intellettuale dirigente. Questa condanna comporta un programma di rieducazione che si confonde con la nostra storia recente. Lo stesso fascismo specialmente laddove si strombazzavano caratteri originali e universali del regime tali da forgiare una nuova umanità si era messo su questa strada.

Nell’ Italia repubblicana questo indirizzo si è trincerato in alcuni giornali che hanno fatto scuola e in alcuni piccoli partiti che avevano fatto del loro splendido isolamento una bandiera. Per esempio, il partito d’azione vissuto lo spazio di un breve mattino e il suo diretto erede partito radicale, quello della prima ora non quello di Pannella. Questi partiti si pensavano come portatori di idee originali, cardini della neonata repubblica, ma privi del minimo consenso che gli elettori si ostinavano a non capire. Elite di idee costantemente bocciate dagli elettori che preferivano i partiti di massa, democrazia cristiana e partito comunista.

Non parliamo poi dei meridionali colpevoli di aver continuato a votare monarchia rivelando la loro anima plebea. Non era ancora nata la lega e i censori giacobini potevano riversare il loro livore sulla immaturità (quasi antropologica) del popolo meridionale. La cassa del mezzogiorno nacque sotto questa temperie culturale con il sottinteso di aiutare quella parte d’Italia che stentava ad industrializzarsi.  Se potessimo descrivere analiticamente le fasi di quella forzosa e sfortunata impresa concluderemmo che i problemi di quelle regioni si aggravarono e i buoni propositi si trasformarono in incentivi alla corruzione.

La cassa del mezzogiorno era una formula pensata al nord per stendere una mano paternalisticamente al sud

Ma i nostri giacobini non ammettevano errori e i fallimenti furono imputati alla indole del popolo meridionale.

Per usare le parole di Mario Pannunzio il padre-padrone de Il Mondo per un certo tempo il portabandiera dei democratici con la puzza al naso l’Italiano era popolo degli spaghetti alle vongole. Il successore spirituale di Pannunzio è sicuramente Eugenio Scalfari. Meno elegante ma più sensibile agli affari, Eugenio Scalfari ha capito che nella seconda repubblica i partiti di massa sono finiti e che i media possono influenzare le decisioni politica.

Scalfari, eleganza a parte, ha trovato la chiave del successo. Non ha bisogno di occupare un partito.  Può dirigere l’orchestra.

Lo spartito non cambia. Il popolo Italiano (i partiti) hanno bisogno di una guida intellettuale per essere degni della democrazia, un demiurgo.  

In occasione della pandemia, (miracolo laico!) la gente si è rivelata dotata di senso civico, rispettosa delle regole…inclusi i cafoni meridionali, chi l’avrebbe mai detto? E noi poveri illusi continuiamo a sperare in una democrazia senza guide, con il RE.

 

Cari Amici,

Vi aspettiamo, venerdì 8 maggio 2020, alle ore 18.30, per una diretta facebook dedicata alla presentazione del libro "L'Italia in eredità", a cura di Alessandro Sacchi e Salvatore Sfecola, Historica Edizioni, dedicato a Re Vittorio Emanuele II, Padre della Patria, in occasione del bicentenario dalla nascita.

Potrete seguire la diretta collegandoti a una di queste pagine:

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Vi aspettiamo! 

W la Monarchia!

 

Per l’Unione Monarchica Italiana dopo le dichiarazioni del giudice Di Matteo il Ministro Bonafede deve dimettersi

Le dichiarazioni del Pubblico Ministero antimafia, dottor Nino Di Matteo a “Non è l'Arena”, coinvolgenti il Ministro Bonafede: “Fui chiamato a dirigere il Dap (Dipartimento amministrazione penitenziaria), poi il ministro cambiò idea. I boss non mi volevano”, rappresentano una affermazione gravissima che coinvolge la responsabilità politica non solamente del Ministro ma dell’intero governo.

Per i monarchici italiani è un fatto di una gravità inaudita, perché dimostra che scelte fondamentali nella politica della Giustizia, nel settore carcerario, possono essere condizionate dagli interessi della malavita. A conferma dell’assoluta inadeguatezza del Ministro, già dimostrata nella vicenda della concessione degli arresti domiciliari a criminali responsabili di gravissimi delitti, tra l’altro per il tentativo maldestro di scaricare sui dirigenti del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria responsabilità proprie della politica e, pertanto, sue personali.

In assenza di smentita, l’Unione Monarchica Italiana chiede con forza le dimissioni del Ministro Guardasigilli ed un’adeguata presa di posizione del Governo.

Roma, 04.05.2020

Il Presidente Nazionale

Avv. Alessandro Sacchi

TI CONOSCO MASCHERINA

di Giuseppe Borgioli

Chissà cosa avrebbe scritto Leonardo Sciascia sulla pandemia, lui che inventò l’espressione professionisti dell’antimafia. Sciascia puntava l’indice sull’uso politico del diritto come oggi alcuni (sempre meno rari) sottolineano l’uso politico della pandemia. Cambiano i tempi ma i vizi e le virtù si assomigliano. Ci sono delle analogie sorprendenti fra lo stile sicuro di sé della corporazione dei virologi e degli epidemiologi (che è ben altra cosa dai medici di base meritevoli della nostra incondizionata riconoscenza) e i magistrati che animarono i giorni e le vicende di mani pulite. L’istituto superiore di sanità   al pari del comitato tecnico scientifico (uno de tanti) insediato dal governo quasi per precostituirsi l’alibi si è distinto nell’agitare il coronavirus come una clava per imporre comportamenti individuali e collettivi, indurre i governanti a prendere decisioni di politica sanitaria, per pontificare in nome della scienza ammettendo candidamente che il virus è un illustre sconosciuto. Il documento infarcito di modelli di previsione statistica che aveva lo scopo di avvelenare i pozzi della fase due richiederebbe una attenta lettura e analisi politica. Ma questa scienza non accetta domande e chi avanza dubbi passa per antiscientifico e rischia l’emarginazione come per i monarchici in regime repubblicano e come fu per l’ultimo Sciascia che fu considerato nel panorama intellettuale un fastidioso rompiscatole. Cambiano le streghe ma resta la caccia a cui partecipa volentieri l’opinione pubblica imbeccata dai media. Sono certo che Leonardo Sciascia con la sua elegante ironia e con il suo sguardo critico sulla società non si sarebbe lasciato catturare da questa psicosi collettiva, proprio come mani pulite trent’anni fa quando la gente seguiva le notizie degli arresti, oggi resta attaccata al televisore per conoscere il numero dei morti. È un interesse quasi morboso ben conosciuto e studiato nella psicologia. Non accade a molti di noi di imbattersi in incidenti stradali dove la gente scende dall’automobile per vedere da vicino cosa è successo e bloccando così il traffico? Questo terrorismo seminato a fin di bene resterà una cicatrice nel tessuto sociale e renderà la ripresa economica irta di difficoltà aggiuntive a quelle finanziarie. Chi avrà ancora l’ardire di varcare la soglia di un bar o di un ristorante dopo il primo di giugno? Arrigo Cipriani ha già fatto intendere che stando così le cose non riaprirà il suo Harry’s bar. Il declassamento della prestigiosa agenzia di rating Fintch inflitto alle nostre ingenue prospettive economiche e finanziarie segue questa logica rigorosa che non conosce sconti. Il dopo virus erediterà una situazione drammatica con milioni di disoccupati che dovremo intestare alle responsabilità di qualcuno. A parte il capitolo paradossale delle mascherine su cui non insistiamo per carità di patria, abbiamo rinunciato a capire la genesi di un virus così letale. Il lascito di questa pandemia ci troverò impreparati perché le nostre finanze non ci consentono piani sociali di grande respiro. Lo vedremo con la prossima finanziaria che induce gli esperti (questo sì attendibili) a citare il Churchill di lacrime e sangue. Alle prime sfide il governo Conte ha già mostrato i suoi limiti. La gran parta dei lavoratori Italiani non ha ancora ricevuto la cassa integrazione. La verità è che la repubblica non sa gestire nemmeno l’assistenza sociale di cui si riempie la bocca. Il premer Conte si è scusato, ma le scuse non servono quando non si riconosce l’errore e non si è in grado di non ripeterlo.La buona educazione è un fatto estetico. L’economia no.