Parola di Re
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L'UMI è istituita per raccogliere e guidare tutti i monarchici, senza esclusioni, al fine di ricomporre in sè quella concordia discors che è una delle ragioni d'essere della Monarchia e condizione di ogni progresso politico e sociale. Suo compito non è la partecipazione diretta alla lotta politica dei partiti, ma la affermazione e la difesa degli ideali supremi di Patria e libertà, che la mia casa rappresenta.
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Marco Grandi nel ricordo di Giovanni Semerano
Marco era persona allo stesso tempo interamente idealista e realisticamente concreta.
Non un sognatore, non un nostalgico ma un uomo del suo tempo che ha fatto politica, sul terreno della vita associativa e di partito, per contribuire al bene dell'Italia.
Tutta la sua esistenza, da ragazzo fino all'ultimo respiro di ieri, ha avuto una "Stella Polare": la Patria e il Re, uniti e indissolubili perché questo era e resta, appunto, il bene dell'Italia.
Era figlio di Mario, Aiutante di Campo dell'allora Principe Ereditario Umberto di Savoia, e nipote del Generale Domenico, che fu anche Ministro della Guerra nel 1914 e al quale, nella natia Corinaldo, ha dedicato importanti convegni storici e concorsi con premi per i giovani studenti delle scuole, cresciuti dalla romitiana repubblica nella ignoranza delle proprie radici civili e nazionali e nella faziosità di una narrazione distorta e disonesta per tentare di colmare quel vuoto, generato dai brogli del 2 giugno 1946 e dal "gesto rivoluzionario" del successivo 12 giugno, che è e resterà incolmabile. Lo disse Indro Montanelli nel febbraio 2001 al Re Simeone II di Bulgaria che lo visitava nella sua casa di Milano, in viale Piave, accompagnato proprio da Marco e dal nostro caro amico Camillo Zuccoli: "Al mio amico Ciampi - affermò Montanelli - dico sempre che se alla catena della nostra Storia togli l'anello di Casa Savoia tutta la catena cade".
Accanto ai tenerissimi affetti familiari, alla sposa Paola e al figlio Domenico oggi increduli e disperati, sempre presente, vivo e irriducibile vi era l'amore per la Patria declinato nella fedeltà e nella devozione - non astratta perchè più che meritata - al nostro grande e indimenticabile Re Umberto, che di Marco e di Paola fu testimone di nozze.
Quel giorno felice, accanto al Re e agli sposi vi era anche un uomo al quale Marco, insieme al compianto Gian Nicola Amoretti, era legatissimo: Edgardo Sogno, l'eroe Medaglia d'oro della Guerra di Liberazione che, con il suo coraggio, ardimento, coerenza e fermezza, rappresentava un esempio e un simbolo altissimi di cosa significhi essere patrioti monarchici.
In questi Ideali e Valori, che non mutano e non tramontano, Marco ha percorso il suo cammino, spezzato prematuramente ieri, impegnandosi in tutte le battaglie condotte nella nostra Unione Monarchica, nella Consulta del Senato del Regno e, quando esisteva, nel PLI insieme ad alcuni amici scomparsi che vorrei qui ricordare tra i tanti valorosi parlamentari ed esponenti monarchici liberali: Augusto Premoli, Luigi Durand de la Penne, Roberto Cantalupo, Benedetto Cottone, Luigi Barzini jr., Umberto Bonaldi, Vittore Catella, Giuseppe Alpino, Emilio Pucci, Giuseppe Fassino, Vittorio Badini Confalonieri, Giorgio Bergamasco, Umberto e Vittorio Emanuele Marzotto, Enzo Fedeli, Sam Quilleri, Alberto Giomo, Arnaldo Frumento.
Poche ore prima della tragedia aveva parlato con il Principe Aimone, al quale lui come noi tutti siamo legati sia per rispetto delle volontà di Re Umberto e delle norme vigenti in Casa Savoia da 44 Capi Famiglia e 29 Generazioni, sia per quel principio di meritata fiducia e fedeltà che in Re Umberto ha avuto il suo paradigma.
Uniti ai suoi cari nel dolore e nel ricordo, lo salutiamo con affetto fraterno, con profonda gratitudine e con infinita tristezza.
Ciao, Marco.
Giovanni Semerano
Presidente onorario dell'Unione Monarchica Italiana
Membro della Consulta del Senato del Regno
Marco Grandi, in piedi, con Re Umberto II, Edgardo Sogno e, di spalle, Luigi Durand De la Penne
Ciao Marco!
L’Unione Monarchica Italiana abbruna le sue Bandiere salutando il Prof. Marco Grandi, figura storica di studioso e leader monarchico, stingendosi con affetto alla famiglia.
Il Prof.Marco Grandi insignito della medaglia della Fedeltà d'Argento
L'opinione di Giuseppe Borgioli
IN DIFESA DEL PARLAMENTO
di Giuseppe Borgioli
La Monarchia ha sempre cercato l’equilibrio dei poteri. Il Re sovrano è il guardiano di questo equilibrio. Anche nei momenti più bui ha posto un limite al partitismo e allo strapotere delle assemblee.
Dall’editto di Moncalieri i Savoia hanno posto le istituzioni al riparo della demagogia e dello strapotere dei partiti e dei gruppi di pressione.
L’origine storica e sacra del parlamento era il consiglio dei cavalieri e paladini del Re che lo assistevano nell’esercizio del governo.
Sovrano è il Re, la potestas è del popolo.
Re e popolo sono l’architrave delle istituzioni. Il popolo trova nel libero parlamento la sua rappresentanza e composizione degli interessi che lo costituiscono. Ma resterebbe un corpo inerme e disarticolato se non si rispecchiasse nel Re come simbolo vivente della sua unità nella storia.
Quello che accadendo in Italia sotto il profilo delle istituzioni è un fenomeno degno della nostra attenzione e preoccupazione.
Una parte politica consistente pensa di fare a meno del parlamento. Il popolo posto su un falso piedistallo potrebbe governare da solo a suon di referendum.
È la democrazia digitale affidata magicamente a internet che ci farebbe risparmiare un sacco di tempo e di energie. Si preme un tasto, un sì o un no, e l’esercizio della cosiddetta democrazia viene affidato ad un pilota automatico, ne più né meno di quello che accade in altri settori della vita sociale più produttivi della politica.
L’elemento umano è una complicazione che distoglie il pilota automatico.
Con una neutrale valutazione di costi e benefici ogni legge potrebbe vedere la luce forse senza nemmeno il referendum.
La chiamano democrazia diretta. Per noi è l’ultimo stadio del degrado della politica.
Lo sviluppo della tecnologia e la sua diffusione applicata alla politica, al sistema della convivenza comune, impone ai noi monarchici di ripensare le nostre ragioni e difendere, quasi da soli, un patrimonio che è dell’umanità.
L'opinione di Giuseppe Borgioli
Il partito dei competenti
di Giuseppe Borgioli
Una volta si chiamavano ‘tecnici’. Dopo la biasimevole prova del governo di Mario Monti, non si osa più rievocare quella parola, un po’ per il ricordo che ha lasciato un po' per scaramanzia. Oggi si parla di ‘competenti’ dando per scontato che attualmente siamo governati da una banda di ‘incompetenti’. È il piano B che toglie il sonno a chi pensa che non si può lasciare il governo nelle mani di Matteo Salvini che fa di tutto per accreditarsi come il capobanda degli incompetenti. È pronto anche il nome altisonante del “super competente”. Si tratta di persona gradita all’Europa, a questa Europa, ai cosiddetti poteri (e giornali) forti, al mondo della finanza da cui proviene. Ha apparentemente pochi agganci con il passato e potrebbe aprire il capitolo inedito della terza repubblica. C’è un solo guaio: non ha i voti. Non ha i voti nel parlamento dove nessuna alchimia (al contrario di Monti) potrebbe supportarlo. Non ha i voti nel paese dove l’opinione pubblica sembra saldamente orientata verso ciò che viene definito populismo. E allora? Solo lo scenario spesso evocato di una crisi economica e finanziaria potrebbe costituire il retroscena di questa svolta. Senza citare il classico di Curzio Malaparte, sarebbe un colpo di stato bianco senza alcuna violenza, senza la mobilitazione di militari come siamo abituati a vedere in America Latina. L’ Italia, si sa, è un laboratorio di tecniche e innovazioni politiche da esportare nel mondo. Del resto, chi scenderebbe nelle piazze, secondo un’espressione datata, per difendere questa democrazia. Vedremo cosa accadrà dopo le elezioni europee che non serviranno a cambiare l’Europa bensì l’Italia.