Parola di Re
L'UMI è istituita per raccogliere e guidare tutti i monarchici, senza esclusioni, al fine di ricomporre in sè quella concordia discors che è una delle ragioni d'essere della Monarchia e condizione di ogni progresso politico e sociale. Suo compito non è la partecipazione diretta alla lotta politica dei partiti, ma la affermazione e la difesa degli ideali supremi di Patria e libertà, che la mia casa rappresenta.
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Torino: sabato 4 maggio 2019
La presentazione del libro ”Una vita tranquilla” della dott.ssa Rossella Pace, organizzata dall’U.M.I. Club di Torino e del Comitato per le Libertà Edgardo Sogno, ha avuto luogo presso l’Hotel Diplomatic, nel cuore del centro storico della città. Ha visto una nutrita partecipazione di pubblico . Sono intervenuti: il Gen. Roberto Lopez , Presidente U.M.I. Torino, l'Avv. Edoardo Pezzoni Mauri, Presidente dei Probiviri dell'U.M.I., l'ex Ministro Francesco Forte,Presidente del Comitato per le Libertà “Edgardo Sogno”, l'Avv. Alessandro Sacchi, Presidente Nazionale dell'U.M.I. e la scrittrice autrice del libro, dott.ssa Rossella Pace. Il libro, prendendo spunto dal diario della nobildonna cattolica e liberale Cristina Casana, narra le vicende della resistenza monarchica durante l’occupazione tedesca, mettendo in evidenza l’azione dell’organizzazione “Franchi” di Edgardo Sogno. Da tutti i relatori è stata evidenziata l’importanza di libri come quello presentato, per controbattere la falsa retorica storiografica resistenziale, che ha sempre voluto vedere questo evento storico prerogativa di una sola parte politica. Dopo la conferenza, presso l’abitazione natale dell’Amb. Edgardo Sogno, si è svolta una cerimonia di rievocazione con deposizione di corona di fiori. Un sobrio momento conviviale per i membri del Club e simpatizzanti ha concluso la giornata.
Il tavolo dei relatori
Il pubblico presente in sala
La deposizione della corona d'alloro ad Egdardo Sogno
Il pubblico presente alla commemorazione su Edgardo Sogno
L'opinione di Giuseppe Borgioli
La repubblica del lavoro (che non c’è’)
Giuseppe Borgioli
Giorgio La Pira in sede di assemblea costituente chiedeva che la istituzione si aprisse, sull’esempio americano, nel nome di Dio.
I padri costituenti hanno preferito stabilire con l’articolo uno che la repubblica è fondato sul lavoro che riecheggiava il peso della presenza comunista attestata sulla repubblica dei soviet.
Col tempo la rivendicazione si concentrava sul “posto di lavoro”. Oggi con il 40 per cento di disoccupati fra i giovani anche il posto di lavoro è diventato un miraggio, una specie di lotteria che non premia i migliori.
Sul lavoro (meglio, sul posto di lavoro) si è costituito un sistema politico e sindacale ben stabilizzato che ha ingabbiato non poche risorse umane e economiche-
La tendenza storica va in tutt’altra direzione. Il lavoro che in quanto impegno fattivo dell’uomo non à destinato a scomparire, subirà nuove trasformazioni. Nell’economia di massa è sempre più preponderante la produzione di beni immateriali.
Il tempo libero (o liberato) con le attività ad esso connesse è una voce non secondaria delle economie più avanzate- Sono quasi scomparse le tute blu e l’automazione espelle dai lavori più faticosi la presenza umana. Ne sanno qualcosa a Torno che sotto questo aspetto ha avuto una vicenda emblematica e in alcuni passaggi dolorosa.
Per quanto sia fervida la nostra fantasia non riusciamo a immaginare come sarà la società di domani.
Di una cosa siamo certi che il sistema politico ha bisogno più che mai di fattori simbolici e immateriali che la repubblica fondata sul lavoro non può dare.
Questa costituzione che alcuni soloni si ostinano a definire “la più bella del mondo “ è nata vecchia anche e soprattutto nella enunciazione dei principi fondamentali.
L’unica strada per non cadere sotto la mannaia del tempo inclemente è attenersi a principi che non temono gli aggiornamenti perché attingono all’eternità della storia.
La forza del Re è anche questa: interpretare ogni fase del cammino incessante della vicenda della nazione non per spirito di adattamento ma per educazione a distinguere l’essenziale dal transitorio.
Comunicato stampa di mercoledì 24 aprile 2019
La data del 25 aprile, nella quale si ricorda la liberazione dell’Italia del Nord dall’occupazione tedesca, è diventata da tempo una festività divisiva in quanto se ne sono appropriati, fin dal 1945, il Partito Comunista Italiano ed i suoi successori cercando di convincere gli italiani che siano state le formazioni partigiane comuniste a liberare quelle aree del Paese. Sulle montagne, nelle valli e nelle città, invece, hanno operato anche patrioti cattolici e liberali e, fin dall’inizio reparti del Regio Esercito fedeli al giuramento prestato al Re, a quel Sovrano che il 25 luglio 1943 aveva ripreso in mano le sorti di un’Italia che, contro la sua volontà e quella della maggioranza del popolo italiano, era stata coinvolta in una guerra contraria agli interessi italiani nel Mediterraneo a fianco del “nemico storico” come aveva detto Luigi Einaudi.
L’Unione Monarchica Italiana, nel ricordare i patrioti che hanno combattuto per la Patria e non per un partito, condanna le strumentalizzazioni dei “professionisti del 25 aprile” che hanno contribuito ad oscurare la verità ed a mantenere quel clima di guerra civile che ancora all’indomani della fine delle operazioni militari si è consumata in vendette atroci a carico di innocenti, colpevoli solamente di pensarla diversamente, così dando dimostrazione di quale fosse il grado di democrazia dei “compagni rossi”.
Roma,24.04.2019
Il Presidente Nazionale
Avv. Alessandro Sacchi
L'opinione di Giuseppe Borgioli
DUE PAROLE SULLA RESISTENZA
di Giuseppe Borgioli
Alla vigilia del 25 aprile si ripetono le liturgie consuete. La retorica, gli inganni, le strumentalizzazioni di parte rende questa data fastidiosa a molti e lascia indifferenti la stragrande maggioranza degli Italiani, per i quali è un prolungamento vacanziero del ponte pasquale.
Solo la politica, quella ufficiale, si appassiona ancora a questa data e ci sommerge di cerimonie a cui non si sottraggono le “più alte cariche dello stato”, questa volta con l’eccezione di qualche ministro che non accetta di partecipare alla commedia degli inganni.
Ma la rappresentazione è vecchia. La lettura ufficiale degli avvenimenti di più di 70 anni fa non regge alla migliore ricostruzione storiografica, il copione è scontato. I giovani, quelli veri e ruspanti disertano non solo per cattiva volontà le commemorazioni spesso patetiche che si svolgono nelle piazze d’Italia.
Chi manifesta ha nelle mente più facilmente il bersaglio di Salvini che il tema di cosa veramente accadde, della tragedia che attraversò il popolo italiano. La guerra civile, il dolore delle famiglie, il regolamento impietoso dei conti.
Eppure, una lezione la possiamo fare nostra. Il fascismo non fu lo stato.
Lo stato fu il Re. E molti Italiani, la parte migliore, nel momento della scelta cruciale non esitò a riconoscersi nel Re. Combattuti da due fuochi si ritrovarono a rigettare la dittatura del partito unico e nello stesso tempo contrastarono con le loro povere forze la nascente dittatura dei partiti. Fu una posizione eroica che le commemorazioni ufficiali hanno sempre negato o ignorato.
Questa minoranza ha riscattato l’onore nazionale, sia sul piano militare che sul piano spirituale.
I molti che sono stati dietro la finestra o si sono piegati al servaggio dei partiti devono a questa minoranza se possono parlare a testa alta di lotta per la libertà.
Il Re ha incarnato questa tradizione per la semplice ragione che non deve nulla ai partiti, né al fascismo né all’antifascismo. Il Re non è scelto dai partiti, è il frutto della storia. Scusate se è poco.