Parola di Re
L'UMI è istituita per raccogliere e guidare tutti i monarchici, senza esclusioni, al fine di ricomporre in sè quella concordia discors che è una delle ragioni d'essere della Monarchia e condizione di ogni progresso politico e sociale. Suo compito non è la partecipazione diretta alla lotta politica dei partiti, ma la affermazione e la difesa degli ideali supremi di Patria e libertà, che la mia casa rappresenta.
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L'opinione di Giuseppe Borgioli
Quis custodet ipsos custodtes?
di Giuseppe Borgioli
La crisi che attanaglia la magistrature, in particolare il Consiglio Superiore il cosiddetto organo di autogoverno, non è una crisi come tante nella repubblica ma la crisi della repubblica. Non era mai accaduto che magistrati insieme a politici complottassero (discutessero) per decidere le carriere nelle procure e negli uffici giudiziari.
Lasciamo perdere i dettagli inquietanti dei luoghi e degli orari di queste riunioni di lavoro che di fatto espropriavano gli organi costituzionali delle loro prerogative.
Rimane il fatto gravissimo che inquieta più della crisi economica e finanziaria perché dalla crisi si può uscire con il lavoro e l‘impegno di tutti. Ma se manca il senso dello stato, specialmente nelle classi dirigenti, vuol dire ci attendono tempi bui.
La memoria mi riporta indietro a un magistrato toscano (non fu l’unico) che dopo l’esito contestato del referendum si dimise dal suo ruolo; scrisse semplicemente che avendo servito il Re come procuratore non intendeva servire la repubblica allo stesso titolo.
Re Umberto lo redarguì ricordandogli che Lui aveva sciolto tutti dal giuramento di fedeltà e che aveva chiesto a magistrati e militari di servire la repubblica con la stessa lealtà con cui aveva no servito la monarchia. Inoltre, sotto il Re o in repubblica si serve la giustizia. Non è la stessa cosa.
Questi erano gli uomini di allora che servivano le istituzioni di allora.; Sarebbe sbagliato derubricare l’accaduto come una storia banale di potere, di meschino carrierismo imputabile a qualche mela marcia.
Il vero problema è il nodo dell’autogoverno. Come può un corpo autonomo a cui deleghiamo le decisioni sulla nostra libertà e sui nostri interessi gestirsi senza la forza simbolica di un Re super partes. Il rischio è che cada ostaggio dei partiti. Abbiamo già le avvisaglie di questa sudditanza nell’azione delle correnti del consiglio superiore che richiamano i partiti. Un sistema costituzionale non sta in piedi senza simboli che siano al fi sopra del mero esercizio del potere.
Altrimenti i corpi autonomi diventano estranei e danno vita a conflitti che minano l’unità dello stato e in questo caso l’idea e la pratica di giustizia.
Per la cronaca che l’episodio riguarda (casualmente?) il Partito Democratico che aveva dei suoi uomini nelle riunioni clandestine. Uno di questo Luca Lotti (che è indagato i dalla stessa procura di Roma) nelle intercettazioni vantava liason personali con il Quirinale. La smentita à stata timida, quasi burocratica e il neo segretario del PD Zingaretti è stato altrettanto timido nel condannare o meglio nel commentare il comportamento dei suoi uomini coinvolti da protagonisti in questa vicenda.
Cuorgnè (TO) sabato 15 giugno 2019 : “Sovranità e Repubblica: prospettiva Monarchica”
Il Convegno, organizzato dall’U.M.I. Club di Torino e precisamente dagli iscritti del luogo, ha avuto luogo presso l’ex chiesa della SS Trinità in Cuorgnè (TO), spazio adibito dal locale Comune, quale aula polifunzionale, nel cuore del centro storico della città. L’evento ha destato attenzione, con una discreta partecipazione di pubblico. Il relatore, Presidente provinciale dell’U.M.I., Gen. B. (aus.) Roberto Lopez, ha messo in evidenza le criticità repubblicane in relazione al concetto di Sovranità, concetto cardine per l’esistenza di uno Stato, evidenziando di contro, i punti di forza della Monarchia nel presiedere questo esistenziale aspetto, soprattutto grazie alla figura garante e “super partes” del Monarca. Grazie al principale organizzatore e iscritto di Cuorgnè: Mauro Castagna, l’evento è stato seguito da un momento conviviale che ha contribuito all’amalgama del gruppo e completato il successo dell’evento.
L'intervento del Gen. Roberto Lopez, Presidente Provinciale dell'U.M.I. di Torino
L'opinione di Giuseppe Borgioli
Ognuno per sé Dio per tutti
di Giuseppe Borgioli
La Fiat resta Italiana se non altro per il diritto di nascita. Il mancato accordo con Renault sta a dimostrare tante cose, in particolare una. Renault ha dietro di sé uno stato che è anche azionista della società. L’industria Italiano non ha nulla di simile. L’Europa è il teatro in cui avvengono gli scontri e gli incontri fra i vari interessi nazionali che restano i protagonisti-Dal punto di vista istituzionale l’Europa è oggi una sorta di confederazione con una moneta unica che impone ai singoli stati rigide regole di bilancio, Questo era l’obiettivo principale dei padri fondatori che dettero vita alla moneta unica,
Guido Carli che fu un caposcuola e che veniva da una giovanile affiliazione al partito d’azione considerava che il governo Italiano (retto allora dalla democrazia cristiana alleata ai socialisti) non sarebbe mai stato convertita ad una linea economica di austerità. La moneta unica nella mente di Carli era un sostituto di autorità che avrebbe costretto gli Italiani ad accettare quelle virtù che non appartenevano ai politici di governo- Fu quasi un colpo di stato che gli “europeisti” fecero a fin di bene, anche se Guido Carli finì per essere eletto senatore a Milano (come indipendente) nella lista della democrazia cristiana non cambiò idea.
Il peso (inversamente proporzionale alle sue fortune elettorali) che il partito d’azione ferocemente antimonarchico ha esercitato nella vita politica e economica della nazione è un capitolo di storia ancora da scrivere.Comunque le basi monetarie dell’Europa sono queste e tutta la costruzione istituzionale risente di un’artificiosità che tiene i popoli fuori dalla porta.
A cammino inoltrato è possibile (prima che auspicabile) tornare indietro? Le vicende inglesi dimostrano che non è facile ripercorrere la retromarcia.A maggior ragione non à consigliabile uscire dalla moneta unico se non si vuol andare incontro a grossi rischi tanto più forti quanto ù fragile l’economia nazionale
Chiunque sia chiamato a muoversi su questo terreno, dovrà perseguire un’idea di Europa coi piedi per terra. Non tira aria da manifesti ideologici.L’Europa non ò la medicina magica per curare i nostri mali nazionali come qualcuno si illudeva, Rimbocchiamoci le maniche e riportiamo l’ordine nel giardino di casa.
Salvatore Sfrecola su "La Verità" di domenica 9 giugno 2019
Serve una modifica costituzionale
Per spezzare il circuito vizioso delle nomine su base correntizia, bisogna passare al sorteggio dei candidati. È la via più certa verso l’imparzialità dei magistrati
di SALVATORE SFRECOLA
Le polemiche che in questi giorni accompagnano le notizie sull’inchiesta della Procura della Repubblica di Perugia sui comportamenti di alcuni componenti del Consiglio Superiore della Magistratura intenti ad immaginare, insieme a uomini di partito, le nomine delle più importanti Procure, a cominciare da quella di Roma, dopo il pensionamento di Giuseppe Pignatone, possono fare molto male alla Magistratura. Infatti, sull’onda dello scandalo, per cui un politico sotto indagini avrebbe voluto concorrere alla scelta del suo inquisitore, vanno emergendo ipotesi varie, come quella della separazione delle carriere di giudici e pubblici ministeri, della sottoposizione di questi alle direttive del Governo, della eliminazione della obbligatorietà dell’azione penale. Se ne parla da tempo con opposte valutazioni, ma il pericolo è di riforme, come spesso accade in Italia, adottate sull’onda delle emozioni.
Andiamo, dunque, per ordine, partendo dalla riforma fondamentale, visto che parliamo di nomina dei responsabili degli uffici direttivi, in particolare delle Procure, cui spetta l’esercizio dell’azione penale. Il problema, come sta emergendo, è quello della composizione del Consiglio Superiore, espressione della indipendenza di quell’“ordine autonomo e indipendente da ogni altro potere” che è la Magistratura, come si legge nell’art. 104 della Costituzione. Presieduto dal Capo dello Stato e con componenti di diritto il Primo Presidente della Corte e il Procuratore Generale della Cassazione, il Consiglio è composto per due terzi da magistrati ordinari eletti “tra gli appartenenti alle varie categorie” e per un terzo da eletti dalle Camere.
L’esperienza ci dice di una progressiva degenerazione del sistema dovuto alla elezione dei componenti togati che ha provocato il consolidamento degli interessi dei gruppi, le correnti che organizzano il consenso all’interno della magistratura e non svolgono solamente un ruolo “culturale” sui temi della giustizia. Influiscono sulla scelta dei componenti togati del CSM i quali, in quella sede, decidono su promozioni e assegnazioni e sull’esercizio dell’azione disciplinare, insomma esercitano un potere rilevante che dai gruppi si trasferisce nel CSM e da questo torna ai gruppi in forma di scelte. Insomma, spesso un magistrato che si candida ad un posto direttivo, Presidente di Tribunale o di Corte d’appello, Procuratore della Repubblica o Procuratore Generale, ha speranza di veder accolta la propria istanza solamente se appoggiato da un gruppo che conta autorevoli rappresentanti nel CSM.
Tra i primi a criticare questo sistema Piercamillo Davigo, all’atto del suo insediamento nel ruolo di Presidente dell’Associazione Nazionale Magistrati. Non va bene disse perché introduce elementi personalistici che nulla hanno a che fare con scelte che dovrebbero essere guidate da una obiettiva valutazione della specifica professionalità ed esperienza in relazione all’esercizio di una determinata funzione.
Le correnti della Magistratura, tuttavia, non ci stanno. Negano che la loro influenza nel CSM ne condizioni le scelte. Il tema è antico ma in questa stagione la polemica si è aggravata e la lotta “di potere”, un’espressione che dovrebbe essere bandita quando si parla di Giustizia, è diventata ancora più esasperata da quando l’improvvida decisione di Matteo Renzi di disporre con legge pensionamenti anticipati, presentati come un ampio “ricambio generazionale”, che non c’è stato e non c’è, ha scatenato la lotta per l’assegnazione dei posti di vertice di gran parte degli uffici giudiziari.
Nella gestione delle nomine, come ha dimostrato l’inchiesta di Perugia, le scelte vengono pesantemente determinate dalle varie componenti presenti nel CSM dove siedono laici eletti dal Parlamento, cioè dai partiti, e togati scelti dalle varie correnti della Magistratura, eletti dai colleghi. L’esperienza insegna che, per ottenere un posto di responsabilità e di prestigio, il candidato deve avere il gradimento delle due componenti. Ed è inevitabile che i curricula dei partecipanti alle procedure siano esaminati almeno sotto due profili, uno per qualche verso “politico”, come emerge dalle critiche di Matteo Salvini ad alcuni giudici che a lui sono apparsi ideologicamente qualificati, l’altro dell’appartenenza ad una determinata corrente dell’ANM. Fuori di questa logica non c’è spazio. Clamoroso il caso di Giovanni Falcone che, nonostante l’esperienza che poteva vantare nella lotta alla mafia, fu superato nell’attribuzione del posto di capo dell’Ufficio Istruzione di Palermo da un collega, certamente più anziano, ma con una esperienza che forse sarebbe stato meglio utilizzare altrove.
Una soluzione s’impone, dunque, rapidamente per restituire serenità alla Magistratura con una modifica incisiva della composizione degli organi di autogoverno. Ma serve una modifica della Costituzione che prevede l’elezione. La soluzione è una sola, quella di prevedere che i componenti togati siano scelti sulla base di un sorteggio tra tutti i magistrati in servizio, tenendo conto di anzianità e funzioni svolte, in modo da assicurare all’organo di autogoverno esperienze e professionalità diverse capaci di una equilibrata valutazione delle candidature ai vari posti di funzione. Ci sarà sempre la possibilità che un magistrato sorteggiato nel CSM possa essere “sensibile” alle aspettative del collega di concorso o che ha condiviso con lui qualche esperienza professionale. Ma non ci sarà più una scelta per motivi di appartenenza correntizia a tutti i costi, anche quando sia evidente che il candidato non ha i requisiti per ricoprire il ruolo per il quale concorre.