Parola di Re
L'UMI è istituita per raccogliere e guidare tutti i monarchici, senza esclusioni, al fine di ricomporre in sè quella concordia discors che è una delle ragioni d'essere della Monarchia e condizione di ogni progresso politico e sociale. Suo compito non è la partecipazione diretta alla lotta politica dei partiti, ma la affermazione e la difesa degli ideali supremi di Patria e libertà, che la mia casa rappresenta.
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Salvatore Sfrecola su "La Verità" di domenica 9 giugno 2019
Serve una modifica costituzionale
Per spezzare il circuito vizioso delle nomine su base correntizia, bisogna passare al sorteggio dei candidati. È la via più certa verso l’imparzialità dei magistrati
di SALVATORE SFRECOLA
Le polemiche che in questi giorni accompagnano le notizie sull’inchiesta della Procura della Repubblica di Perugia sui comportamenti di alcuni componenti del Consiglio Superiore della Magistratura intenti ad immaginare, insieme a uomini di partito, le nomine delle più importanti Procure, a cominciare da quella di Roma, dopo il pensionamento di Giuseppe Pignatone, possono fare molto male alla Magistratura. Infatti, sull’onda dello scandalo, per cui un politico sotto indagini avrebbe voluto concorrere alla scelta del suo inquisitore, vanno emergendo ipotesi varie, come quella della separazione delle carriere di giudici e pubblici ministeri, della sottoposizione di questi alle direttive del Governo, della eliminazione della obbligatorietà dell’azione penale. Se ne parla da tempo con opposte valutazioni, ma il pericolo è di riforme, come spesso accade in Italia, adottate sull’onda delle emozioni.
Andiamo, dunque, per ordine, partendo dalla riforma fondamentale, visto che parliamo di nomina dei responsabili degli uffici direttivi, in particolare delle Procure, cui spetta l’esercizio dell’azione penale. Il problema, come sta emergendo, è quello della composizione del Consiglio Superiore, espressione della indipendenza di quell’“ordine autonomo e indipendente da ogni altro potere” che è la Magistratura, come si legge nell’art. 104 della Costituzione. Presieduto dal Capo dello Stato e con componenti di diritto il Primo Presidente della Corte e il Procuratore Generale della Cassazione, il Consiglio è composto per due terzi da magistrati ordinari eletti “tra gli appartenenti alle varie categorie” e per un terzo da eletti dalle Camere.
L’esperienza ci dice di una progressiva degenerazione del sistema dovuto alla elezione dei componenti togati che ha provocato il consolidamento degli interessi dei gruppi, le correnti che organizzano il consenso all’interno della magistratura e non svolgono solamente un ruolo “culturale” sui temi della giustizia. Influiscono sulla scelta dei componenti togati del CSM i quali, in quella sede, decidono su promozioni e assegnazioni e sull’esercizio dell’azione disciplinare, insomma esercitano un potere rilevante che dai gruppi si trasferisce nel CSM e da questo torna ai gruppi in forma di scelte. Insomma, spesso un magistrato che si candida ad un posto direttivo, Presidente di Tribunale o di Corte d’appello, Procuratore della Repubblica o Procuratore Generale, ha speranza di veder accolta la propria istanza solamente se appoggiato da un gruppo che conta autorevoli rappresentanti nel CSM.
Tra i primi a criticare questo sistema Piercamillo Davigo, all’atto del suo insediamento nel ruolo di Presidente dell’Associazione Nazionale Magistrati. Non va bene disse perché introduce elementi personalistici che nulla hanno a che fare con scelte che dovrebbero essere guidate da una obiettiva valutazione della specifica professionalità ed esperienza in relazione all’esercizio di una determinata funzione.
Le correnti della Magistratura, tuttavia, non ci stanno. Negano che la loro influenza nel CSM ne condizioni le scelte. Il tema è antico ma in questa stagione la polemica si è aggravata e la lotta “di potere”, un’espressione che dovrebbe essere bandita quando si parla di Giustizia, è diventata ancora più esasperata da quando l’improvvida decisione di Matteo Renzi di disporre con legge pensionamenti anticipati, presentati come un ampio “ricambio generazionale”, che non c’è stato e non c’è, ha scatenato la lotta per l’assegnazione dei posti di vertice di gran parte degli uffici giudiziari.
Nella gestione delle nomine, come ha dimostrato l’inchiesta di Perugia, le scelte vengono pesantemente determinate dalle varie componenti presenti nel CSM dove siedono laici eletti dal Parlamento, cioè dai partiti, e togati scelti dalle varie correnti della Magistratura, eletti dai colleghi. L’esperienza insegna che, per ottenere un posto di responsabilità e di prestigio, il candidato deve avere il gradimento delle due componenti. Ed è inevitabile che i curricula dei partecipanti alle procedure siano esaminati almeno sotto due profili, uno per qualche verso “politico”, come emerge dalle critiche di Matteo Salvini ad alcuni giudici che a lui sono apparsi ideologicamente qualificati, l’altro dell’appartenenza ad una determinata corrente dell’ANM. Fuori di questa logica non c’è spazio. Clamoroso il caso di Giovanni Falcone che, nonostante l’esperienza che poteva vantare nella lotta alla mafia, fu superato nell’attribuzione del posto di capo dell’Ufficio Istruzione di Palermo da un collega, certamente più anziano, ma con una esperienza che forse sarebbe stato meglio utilizzare altrove.
Una soluzione s’impone, dunque, rapidamente per restituire serenità alla Magistratura con una modifica incisiva della composizione degli organi di autogoverno. Ma serve una modifica della Costituzione che prevede l’elezione. La soluzione è una sola, quella di prevedere che i componenti togati siano scelti sulla base di un sorteggio tra tutti i magistrati in servizio, tenendo conto di anzianità e funzioni svolte, in modo da assicurare all’organo di autogoverno esperienze e professionalità diverse capaci di una equilibrata valutazione delle candidature ai vari posti di funzione. Ci sarà sempre la possibilità che un magistrato sorteggiato nel CSM possa essere “sensibile” alle aspettative del collega di concorso o che ha condiviso con lui qualche esperienza professionale. Ma non ci sarà più una scelta per motivi di appartenenza correntizia a tutti i costi, anche quando sia evidente che il candidato non ha i requisiti per ricoprire il ruolo per il quale concorre.
Comunicato stampa dell’8 giugno 2019
I monarchici italiani per l’indipendenza della Magistratura nel ricordo dello Statuto Albertino
Da giorni l’opinione pubblica è scossa dalle notizie che coinvolgono esponenti del Consiglio Superiore della Magistratura che, al di là dei reati ipotizzati dalla Procura di Perugia, dicono di gravissime commistioni tra esponenti di partiti politici che hanno avuto responsabilità di governo ed alcuni rappresentanti dell’Associazione Nazionale Magistrati, al fine di scegliere i titolari di importanti uffici giudiziari, in evidente contrasto con il principio di autonomia e indipendenza dell’Ordine giudiziario.
I monarchici italiani ricordano che lo Statuto del Regno, la Carta fondamentale delle libertà civili del popolo italiano, stabiliva l’inamovibilità dei giudici (art. 69), affermava che nessuno “può essere distolto dei suoi Giudici naturali” (art. 71), rimetteva al potere legislativo l’interpretazione delle leggi “in modo per tutti obbligatorio” (art. 73), nel pieno rispetto della divisione dei poteri, regola fondamentale delle democrazie liberali.
Le vicende che hanno coinvolto alcuni esponenti del C.S.M. dimostrano, invece, un degrado gravissimo dell’etica pubblica in alcuni che dovrebbero essere gelosi custodi della loro indipendenza e servire lo Stato “con disciplina ed onore”.
L’Unione Monarchica Italiana chiama, dunque, gli italiani ad un impegno di rinnovamento delle istituzioni e del costume nella tradizione dello Stato liberale e nel ricordo di quanti nelle istituzioni dimostrarono virtù civiche straordinarie, servitori dello Stato, onesti e capaci, dei quali i giovani di oggi devono essere orgogliosi.
Roma,08.06.2019
Il Presidente Nazionale
Avv. Alessandro Sacchi
L'opinione di Giuseppe Borgioli
Dov’è lo stato? Chi l’ha visto?
di Giuseppe Borgioli
La festa della repubblica è stata rovinata- Ma non c’è stato nessun sabotatore. E allora chi ha rovinato la festa? La repubblica muore di eutanasia di morte dolce quasi desiderata. Il nemico della repubblica è dentro la repubblica stessa. E’ una sorta di cancro che corrode le istituzioni. Le celebrazioni restano puntuali ma vuote, prive di reale significato. Sopravvive solo il cerimoniale che è quello mutuato dalla tradizione pre repubblicana. Il Quirinale è là. Pure i corazzieri sono sempre educati all’antica disciplina, sembrano fuori del tempo, testimoni di una assenza, quella del Re. Gli attuali inquilini del Quirinale fanno del loro meglio per rispettare le regole dell’ospitalità. Resta la festa, la liturgia senza la fede. Come in un vecchio e glorioso palazzo, le pareti si sgretolano. 73 anni sono troppi senza il vero padrone di casa. Quest’anno a turbare la festa sono arrivati i quattro ultimi ex capi di stato maggiore che hanno rifiutato di partecipare alla sfilata delle forze armate nel giorno della loro festa con motivazioni serie molto serie. Le forze armate sono un fiore dall’occhiello di tutta la nazione per il loro grado di efficienza e di senso del dovere e riscuotono il rispetto e l’ammirazione internazionale decretata in tutti i teatri in cui sono impegnate, E’ questione di risorse sino a un certo punto perché l’esercito più efficiente del mondo ha bisogno di sentirsi riconosciuto in patria, Per innamorarsi si deve credere nell’amore. Armare un esercito comporta attrezzarlo sotto il profilo dei sentimenti e della considerazione del ruolo. Quasi contemporaneamente, mentre stiamo scrivendo, è scoppiato il caso della Procura di Roma, centro nevralgico di tante inchieste. Un tempo di diceva il porto delle nebbie. Vogliamo tornare a quello stile? Auguriamoci che al capo della procura di Roma Pignatone succeda persona degna di lui. Intanto è scoppiata nella magistratura una guerra per correnti, sarebbe più appropriato per bande. Quanto dolore provoca tutto questo in chi crede nella funzione sacrale magistratura. Quando il fascismo impose il giuramento di fedeltà, alcuni magistrati si rifiutarono e persero il posto. Fra questi c’era quel Giuseppe Pagano che ritroviamo nel 1946 a presidente della Cassazione e in quella sede si rifiutò fi proclamare la repubblica se non dopo aver esaminato i ricorsi sui brogli. Dove è finito lo stato? Qualcuno ne ha notizia? Bisogna dedicare una puntata speciale della bella trasmissione televisiva “chi l’ha visto” per lanciare un disperato appello.
L'opinione di Giuseppe Borgioli
Lo stato di grazia della Lega
di Giuseppe Borgioli
I risultati elettorali del 26 maggio stanno a dimostrare due dati incontrovertibili, uno riguarda l’Europa l’altro l’Italia. Questi dati hanno sorpreso i corifei del consenso al regime che ne hanno ridotto la portata spiegandoli con ragionamenti che non colgono la dirompente novità di quanto è accaduto.
Il tema dominante non è il tanto vituperato populismo, che ha assunto un significato dispregiativo. Gli Italiani hanno fame di cambiamento e sono pronti a dare fiducia a chi lo promette. Hanno fame anche di autorevolezza. Chiedono agli uomini politici di parlare chiaro e di assumersi le responsabilità di quelle che dicono.
Lo stato di grazia della Lega è lo stato di grazia del suo leader Matteo Salvini che ha saputo incarnare con il suo stile di governo questa domanda radicale della gente. Solo così si spiega un successo diffuso in tutte le aree del paese, in tutte le regioni, in tutti i comuni, al nord come al sud-
Non è facile fare delle previsioni. Non possiamo dire come Matteo Salvini saprà cavalcare questo stato di grazia. Le prove che attendono i vincitori delle elezioni sono ardue, cominciare da quelle economiche e finanziarie. Una cosa è certa; l’attuale temperie politica non si riduce al braccio di ferro con il movimento delle cinque stelle, alla competizione all’interno del governo con Luigi Di Maio.
Il cambiamento avvertito un po’ da tutti è qualcosa di profondo che implica ragioni spirituali e istituzionali non più rinviabili. Non si tratta di nuove formule politiche o coalizioni di governo. Il cambiamento à la domanda di dignità e di rappresentanza che avvertono poveri e ricchi, abitanti delle metropoli e delle periferie. Elettori orientati a destra e elettori orientati a sinistra.
Se Salvini saprà cogliere questa stato d’animo, farò di una aspirazione, effimera, di un gesto di protesta, le premessa di una svolta storica. E’ veramente il modo migliore per sanzionare la festa della repubblica che si celebra stancamente fra una settimana. Rispetto all’Europa, non si può fare a meno di osservare che a parte gli esiti elettorali nei singoli stati, la mappa del vecchio continente rassomiglia ad un manto di leopardo con forze politiche disomogenee e in conflitto aperto fra di loro.
Se l’Europa fosse retta da un sistema parlamentare classico con un governo effettivo non sarebbe agevole identificare una maggioranza politica possibile. Per costruire l’Europa abbiamo scelto la strada più breve e non quella che tiene conto della realtà r della diversità.
La storia si vendica delle nostre illusioni.