Parola di Re
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L'UMI è istituita per raccogliere e guidare tutti i monarchici, senza esclusioni, al fine di ricomporre in sè quella concordia discors che è una delle ragioni d'essere della Monarchia e condizione di ogni progresso politico e sociale. Suo compito non è la partecipazione diretta alla lotta politica dei partiti, ma la affermazione e la difesa degli ideali supremi di Patria e libertà, che la mia casa rappresenta.
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Inqualificabile gesto del Sindaco di Bergamo, Giorgio Gori, che usa la bandiera nazionale per lucidare una targa
di Salvatore Sfrecola
( tratto da www.unsognoitaliano.it)
Diffusa e generale indignazione per il gesto del Sindaco di Bergamo, Giorgio Gori, piddino di rango, del quale Facebook ha mostrato un filmato mentre è intento a lucidare una targa commemorativa usando il tricolore, la bandiera nazionale. L’occasione, l’inaugurazione di un parco. Tra i primi a manifestare sdegno l’Avv. Alessandro Sacchi, Presidente dell’Unione Monarchica Italiana, che ha stigmatizzato in un comunicato l’“evidente disprezzo per il vessillo della Patria” commesso da un pubblico ufficiale, primo cittadino di una nobilissima Città, senza che nessuno sia intervenuto a dissuaderlo od a censurare quel gesto gravissimo. Nessuno dei presenti, nessuno del Partito Democratico che ha perduto un’occasione per recuperare credibilità agli occhi degli italiani difendendo i valori nazionali che la bandiera riassume. Costava poco farlo. Ma il logorroico Zingaretti ha taciuto. Come Matteo Renzi, pronto ad ogni piè sospinto a prendere la parola. Assente anche il Prefetto, rappresentante del Governo. Un tempo avrebbe richiamato il Sindaco.
Interverrà l’Autorità Giudiziaria? Ce lo auguriamo. Sulla base dell’art. 292, comma 1, del codice penale che punisce con una pena pecuniaria “chiunque vilipende con espressioni ingiuriose la bandiera nazionale o altro emblema dello Stato”. Pena che è aumentata “nel caso in cui il medesimo fatto sia commesso in occasione di una pubblica ricorrenza o di una cerimonia ufficiale”. Articolo il quale al comma 2 prevede che “chiunque pubblicamente intenzionalmente distrugge, disperde, deteriora, rende inservibile o imbratta la bandiera nazionale o altro emblema dello Stato è punito con la reclusione fino a due anni”.
Secondo la giurisprudenza della Corte di Cassazione, ai fini della sussistenza del delitto di quell’art. 292 è necessario che la condotta di vilipendio si concretizzi in un atto di denigrazione di una bandiera nazionale (Cass. Pen., Sez. I, 3 luglio 2006, n. 22891). La bandiera nazionale spiega ancora la Suprema Corte è penalmente tutelata per il suo valore simbolico, suscettibile, per sua natura, di essere leso anche da semplici manifestazioni verbali di disprezzo, la cui penale rilevanza, ai fini della configurabilità del reato, richiede quindi soltanto la percepibilità da parte di altri soggetti” (Cass. Pen., Sez. I, 19 dicembre 2003, n. 48902).
Orbene, nella condotta del Sindaco Gori c’è evidentemente l’elemento della intenzionalità, dell’occasione pubblica, e del deterioramento del vessillo che, se usato per lucidare o spolverare una targa, avrà certamente subito gli effetti di tale impiego.
Poteva mettere la mano in tasca ed usare un fazzoletto il Sindaco. Ha preferito usare la bandiera nazionale con evidente disprezzo per il suo valore simbolico, per dirla con le parole della Suprema Corte.
Da notare che neppure associazioni “patriottiche”, a quanto è dato sapere, sono intervenute. Che scemi l’amore per la Patria? Dopo anni di negazione dei valori risorgimentali, gli unici unitari, non può stupire.
12 maggio 2019
Tesseramento U.M.I. 2019
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L'opinione di Giuseppe Borgioli
La miopia dell’occidente
di Giuseppe Borgioli
Esiste ancora l’occidente come area geopolitica definita da una tavola di valori e non semplicemente da una alleanza militare o peggio da una coincidenza di interessi?
La seconda metà del XX secolo ha visto, sull’ occidente, la leadership americana che ha scalzato i cugini inglesi nei diversi scacchieri strategici. La seconda guerra mondiale è stata lo spartiacque temporale.
Ci limitiamo a segnalare tre episodi che pesano ancora oggi nel quadro delle relazioni internazionali e nella eredità dei problemi irrisolti
1969. L’occidente non fece nulla per fermare la salita al potere in Libia di Muammar Gheddafi che spodestò Re Idris della dinastia dei Senussi. Fu l’inizio di una rivoluzione permanente da cui la Libia non ò ancora uscita. L’occidente puntò su Gheddafi senza valutare le conseguenze e senza considerare il radicamento sociale della monarchia dei.
Solo la monarchia avrebbe potuto assicurare l’unita e la coesistenza delle tribù e confraternite locali. I risultati di simile scelta sono sotto gli occhi di tutti. Gheddafi ha governato per circa 42 anni con il pugno di ferro e dopo di lui le fragili istituzioni del paese si sono disciolte come neve al sole dando vita ad una guerra civile senza fine con gli occidentali un ordine scarso, condizionati dai propri interessi petroliferi.
1979. Reza Palhevi lo Scià di Persia è un Sovrano lungimirante che non ha mire imperialiste ma vuole modernizzare il paese introducendo quelle riforme compatibili con l’identità del suo popolo che viene da una storia millenaria. Modernizzare la società nel solco della tradizione, aprirsi al mondo esterno principalmente all’occidente senza rinunciare alla propria identità spirituale.
L’occidente ripaga lo Scià con freddezza. Dopo la rivoluzione komeinista (un misto di giacobinismo e fanatismo religioso) lo Scià in esilio è un ospite imbarazzante per le democrazie occidentali
Oggi l’Iran ò in fattore destabilizzante per tutta l’area e nessun trattato o accordo sembra sopire questa realtà.
Ancora una volta la rivoluzione divora i suoi figli e gli interessi petroliferi soppiantano i valori.
2002. Guerra in Afghanistan dove si nasconde il quartier generale di Al Qaeda. Che senso ha, alla fine del conflitto, la esportazione della grammatica della democrazia politica come la conosciamo in occidente, coi partiti, le elezioni, forse con i brogli? Far funzionare il sistema democratico in quel lontano paese non è come riaprire l’aeroporto di Kabul.
A Roma vive appartato, quasi nell’anonimato, un signore che i vicini di casa conoscono per la sua gentilezza e signorilità, Mohammed Zahir, l’ultimo Re dell’Afghanistan.
Questo Re conosce a ama il suo popolo, non ha altra mira se non quella di favorire la pacificazione. Vuole semplicemente conciliare tradizione e libertà. E’ stato un Re costituzionale che ha fondato la prima università aperta alle donne. Ma l’occidente, o meglio le voci che più contano in occidente, hanno pronta un’altra terapia. Il dogmatismo democratico si impone su ogni altra considerazione. Così l’Afghanistan è ancora in balia di una interminabile missione di pace.
Se questi sono i risultati come possiamo definire la lucidità di vista dell’occidente: miopia o cecità?
Cominicato stampa del 6 maggio 2019
I monarchici per la riforma dello Stato
Il dibattito di questi giorni, che vede contrapposti i partiti di governo sul futuro delle province, dimostra, da un lato, la scarsa conoscenza del ruolo prezioso di questi enti, legati alla storia, alla cultura, all’economia ed all’ambiente delle comunità locali, dall’altro, mette in risalto l’esigenza, indilazionabile, di riconsiderare l’assetto complessivo dello Stato a livello territoriale e delle attribuzioni degli enti che lo costituiscono.
L’Unione Monarchica Italiana ritiene da tempo che vada profondamente rinnovato l’assetto degli enti territoriali, le regioni, le città metropolitane, le province e i comuni, nella disciplina della loro autonomia e nelle rispettive attribuzioni, in funzione delle esigenze dei cittadini sempre più disorientati dalla sovrapposizione di competenze che rendono globalmente la Pubblica Amministrazione assolutamente inefficienze anche ai fini del raggiungimento degli obiettivi dei diversi livelli di governo come delineati dall’indirizzo politico emerso in sede elettorale.
Chi ha memoria delle vicende italiane sa che l’Amministrazione pubblica un tempo additata per la sua efficienza è sempre più irriconoscibile. Basti pensare che una struttura di eccellenza come il Genio Civile, che ha unificato l’Italia e l’ha ricostruita rapidamente nelle infrastrutture industriali, ferroviarie, stradali e civili dopo la prima e la Seconda guerra mondiale, è stata progressivamente smantellata insieme ad altre, come drammaticamente dimostrato dalla omessa prevenzione dell’assetto idrogeologico del territorio in occasione delle calamità naturali che hanno colpito il Paese e nei successivi interventi di ricostruzione. Responsabilità grave della politica, resa palese, da ultimo, nel caso del terremoto di Abruzzo, Lazio, Umbria e Marche, dall’abbandono totale di quanti hanno subito gravi danni con pregiudizio anche delle attività economiche.
Per contribuire al dibattito sulla riforma dello Stato l’Unione Monarchica Italiana ha istituito un Comitato di Studio che, con l’apporto di varie professionalità, si propone di avanzare proposte concrete per un’Italia rinnovata nell’efficienza, al servizio del cittadino.
Roma.06.05.2019
Il Presidente Nazionale
Avv. Alessandro Sacchi