Perugia: domenica 17 marzo 2019
Domenica 17 marzo 2019, alle ore 11.30, presso la chiesa di San Filippo Neri, via della Stella, in Perugia, sarà officiata una Santa Messa in suffragio di
S.M. il Re Umberto II
Per informazioni contattare:
Rag. Maurizio Ceccotti, Presidente Regionale U.M.I. Umbria, 3886184738
Cav. Massimo Bindella, Presidente Provinciale UMI Perugia, 3471832858
L'opinione di Giuseppe Borgioli
RE E POPOLO
di Giuseppe Borgioli
Indro Montanelli che (come Eugenio Scalfari) aveva votato Monarchia al referendum e non ne faceva mistero si professava monarchico e anarchico insieme- Quella che sembrava una boutade o una licenza poetica era per me una dichiarazione ideale abbastanza comprensibile. Sono nato e vissuto a Carrara una piccola enclave anarchica e qui ho ricevuto la mia prima educazione politica e sentimentale. Tanto che potrei fare mie le parole di Montanelli
Gli anarchici che ho conosciuto, quelli storici, non avevano il culto della democrazia e dei principi dell’89 che consideravano una mistificazione borghese. Pensavano che ogni uomo è Re. Osteggiavano e negavano l’istituzione Monarchica con le conclusioni che ben conosciamo.
Oggi invece siamo tutti democratici. Ma le conseguenze della “ideologia” totalitaria della democrazia, o meglio del democratismo, ci ha portati alla deriva della nostra vita politica e morale.
Tutti ambiscono a comandare, tutti rivendicano diritti, tutti dicono la loro su tutto senza rispettare alcuna autorità.
Questo è il caos. Come nei talk show televisivi le voci scomposte degli uni si sovrappongono alle urla degli altri. Tutti serbano nel cassetto le ricetta politica ed economica per risolvere i nostri problemi. Gli unici che tacciono o lanciano messaggi contraddittori sono coloro che sarebbero chiamati a governare. Governare vuol dire scegliere: Sbagliare ma scegliere-
Colui che è risultato vincente nelle primarie del partito democratico Nicola Zingaretti viene da un entroterra comunista DOC e dà l’impressione in chiave polemica di scegliere tutto ciò che il governo rifiuta o rinvia. Alla confusione si aggiunge nuova confusione.
Si parla con accenti critici del populismo dilagante ma stentiamo a intravedere il popolo.
Abbattuta (con il dolo) la figura del Re scompare inesorabilmente anche il ruolo del popolo. Rimane il suo simulacro del populismo.
Non è solo questione di parole Il Re incarna uno stile di comportamento che dà forma alle istituzioni, e alla vitalità e libertà di un popolo.
L'opinione di Giuseppe Borgioli
DIO SALVI LA REGINA
di Giuseppe Borgioli
Un tema che si è fatto più acuto in questi mesi è il rapporto fra politica e magistratura. Non si tratta di un capitolo nuovo poiché da quasi trent’anni, dal tempo di ‘mani pulite’ è, nolenti o volenti, all’ordine del giorno. La separazione (e l’equilibrio) dei poteri era un punto nevralgico dello Statuto Albertino che fu ripreso dalla costituzione repubblicana con scarso successo. Il magistrato aveva una fonte autonoma di legittimazione e di esercizio del potere nella figura del Re. Nel rito del processo inglese il cancelliere ricorda questa legittimità nell’invocazione che pronuncia all’inizio di ogni udienza : Dio salvi la Regina. Non è solo questione di forma. E’ un atto di sostanza costituzionale che indica il pilastro sul quale si basa la divisione dei poteri in una monarchia fra le più antiche della storia europea. Sempre nel Regno Unito le disposizioni sulla immunità parlamentare sono fra le più severe e indiscusse. Scomparsa la figura del Re l’architettura del sistema liberale non sta in piedi. L’Italia è un esempio eloquente della confusione dei poteri, dove spesso la legge penale è il paravento di un estenuante braccio di ferro fra politica e magistratura di cui i cittadini finiscono con il pagare il prezzo più alto. La cronaca recente e passata sta a dimostrare lo scollamento dei poteri che prescinde dalle capacità e dal giudizio dei singoli uomini. Non e’ solo in ballo l’onesta dei politici e l’obiettività intellettuale dei magistrati. Molte sono le leggi varate in circostanze diverse dai politici per arginare una tendenza che sembra inesorabile.I poteri sono indipendenti e uniti se hanno un punto comune di riferimento superiore che manca in questa repubblica e provoca uno spaventoso vuoto per cui non è possibile fare nostra l’invocazione dei processi inglesi a meno di suscitare l’ilarità generale. Dio salvi il presidente della repubblica? Suona male, suona come una usurpazione istituzionale. La nostra costatazione è un richiamo a cercare il bandolo della matassa delle nostra aggrovigliata condizione istituzionale e esistenziale. Solo se troveremo la forza di riconoscere i veri problemi faremo un passo avanti per uscire dalla crisi.
L'opinione di Giuseppe Borgioli
LA REPUBBLICA SENZA MEMORIA
Il 10 di febbraio è il giorno del ricordo della tragedia delle foibe titine dove furono trucidati dal 1943 al 1945 inoltrato circa 20.000 istriani e dalmati che agli occhi dei lei loro aguzzini avevano la sola colpa di essere Italiani e di sentirsi legati all’Italia.
Ancora oggi quel giorno è celebrato (o ignorato) con un sottile senso di fastidio quasi che la storia dei nostri fratelli di quella martoriata parte d ’Italia non ci appartenesse.
I corpi di quelle vittime come le immagini dei 400.000 profughi che abbandonarono le loro adorate terre per fuggire dalla dittatura comunista sono cancellati nella iconografia ufficiale della repubblica. Questi valorosi e coraggiosi Italiani (donne e uomini, vecchi e bambini) furono accolti dal gelo e dalla indifferenza se non dall’ostilità’. Eppure, con le loro sole forze già messe a dura prova ricominciarono daccapo e dettero vita in pochi anni ad imprese e attività commerciali che fanno onore a tutta l’Italia.
In silenzio hanno conservato il ricordo delle tribolazioni loro e delle loro famiglie, nel disinteresse generale, soprattutto dei politici.
La cattiva coscienza che ha costretto i media a parlare almeno il 10 febbraio di questa pagina nazionale e europea, ha però suggerito a molti commentatori (quasi tutti) di parlare contemporaneamente dell’olocausto, quasi per farsi perdonare l’imprudenza di aver difeso un pezzo di memoria degli Italiani.
Mi sovviene un gustoso episodio di un amico buon scrittore che si era sentito promettere da un giornalista la recensione del suo libro annunciandogli che ne avrebbe dovuto scriverne male, questo il prezzo da pagare alla politica del suo giornale. L’alternativa era la stroncatura o l’oblio.
Quelli che scappavano dalla Jugoslavia di Tito erano veri profughi politici che l’Unità organo del Partito Comunista Italiano dipingeva in questo prezioso quadretto. E’ Piero Montagnani che scrive il 30 novembre 1945: “Non riusciremo mai a considerare avanti diritto ad asilo coloro che si sono riversati nelle nostre grandi città, non sotto la spinta del nemico incalzante, ma impauriti dall’alito di libertà che precedeva o coincideva con lì avanzata degli eserciti liberatori".
In questo l’opzione di quella area politica non è cambiata: contro i veri profughi, a favore dei falsi profughi.
Spesso il silenzio dignitoso è preferibile alla ipocrisia delle commemorazioni rese come atti dovuti.
Un ultimo dubbio. E la Chiesa Cattolica che pur patì in quegli anni la persecuzione insieme al martirio di tanti sacerdoti non ha nulla da dire?
Giuseppe Borgioli