Dov’è lo stato?  Chi l’ha visto?

di Giuseppe Borgioli

La festa della repubblica è stata rovinata- Ma non c’è stato nessun sabotatore. E allora chi ha rovinato la festa? La repubblica muore di eutanasia di morte dolce quasi desiderata. Il nemico della repubblica è dentro la repubblica stessa. E’ una sorta di cancro che corrode le istituzioni. Le celebrazioni restano puntuali ma vuote, prive di reale significato. Sopravvive solo il cerimoniale che è quello mutuato dalla tradizione pre repubblicana. Il Quirinale è là. Pure i corazzieri sono sempre educati all’antica disciplina, sembrano fuori del tempo, testimoni di una assenza, quella del Re. Gli attuali inquilini del Quirinale fanno del loro meglio per rispettare le regole dell’ospitalità. Resta la festa, la liturgia senza la fede. Come in un vecchio e glorioso palazzo, le pareti si sgretolano. 73 anni sono troppi senza il vero padrone di casa. Quest’anno a turbare la festa sono arrivati i quattro ultimi ex capi di stato maggiore che hanno rifiutato di partecipare alla sfilata delle forze armate nel giorno della loro festa   con motivazioni serie molto serie. Le forze armate sono un fiore dall’occhiello di tutta la nazione per il loro grado di efficienza e di senso del dovere e riscuotono il rispetto e l’ammirazione internazionale decretata in tutti i teatri in cui sono impegnate, E’ questione di risorse sino a un certo punto perché l’esercito più efficiente del mondo ha bisogno di sentirsi riconosciuto in patria, Per innamorarsi si deve credere nell’amore. Armare un esercito comporta attrezzarlo sotto il profilo dei sentimenti e della considerazione del ruolo. Quasi contemporaneamente, mentre stiamo scrivendo, è scoppiato il caso della Procura di Roma, centro nevralgico di tante inchieste. Un tempo di diceva il porto delle nebbie. Vogliamo tornare a quello stile? Auguriamoci che al capo della procura di Roma Pignatone succeda persona degna di lui. Intanto è scoppiata nella magistratura una guerra per correnti, sarebbe più appropriato per bande. Quanto dolore provoca tutto questo in chi crede nella funzione sacrale magistratura. Quando il fascismo impose il giuramento di fedeltà, alcuni magistrati si rifiutarono e persero il posto. Fra questi c’era quel Giuseppe Pagano che ritroviamo nel 1946 a presidente della Cassazione e in quella sede si rifiutò fi proclamare la repubblica se non dopo aver esaminato i ricorsi sui brogli. Dove è finito lo stato? Qualcuno ne ha notizia?  Bisogna dedicare una puntata speciale della bella trasmissione televisiva “chi l’ha visto” per lanciare un disperato appello.

 

Giuseppe Favoino è stato nominato Commissario Provinciale di Roma.

La sede nazionale osserverà il seguente orario di apertura: lunedì, mercoledì e venerdì dalle 16.00 alle 19.00

Al nuovo dirigente gli auguri di tutti gli iscritti.

UNA RIFLESSIONE DISINCANTATA  SULL’EUROPA

di Giuseppe Borgioli

Il 26 di maggio si voterà per il rinnovo del Parlamento Europeo in un clima politico caldo che da a queste elezioni un significato speciale, quasi un referendum sull’Europa ( e non  su Salvini).

L’Europa che chiede il nostro voto è radicalmente diversa da quella ristretta dei sei paesi che dettero vita alla primitiva comunità del carbone e dell’acciaio. Non sta a noi fare dei bilanci che presentano aspetti positivi e aspetti critici. Avremo forse qualcosa da dire sull’allargamento che ha visto salire gli stati  membri al numero di 26, mantenendo ciascuno la propria identità e anzi esibendola  da far impallidire l’antico nazionalismo.

Se abbiamo tenuto  correttamente il conto, 28 stati, 28 popoli, 28 lingue, 28 legislazioni che solo in minima parte quasi sempre nel capo amministrativo, si sono armonizzate o unificate. Questo è il mosaico della nuova Europa. Una piccola babele che ha  fatto sentire la sua esistenza più per vietare che per costruire ciance migliori  per tutti. Eppure con  i suoi limiti il mercato unico e la moneta sono realtà consolidate di cui l’economia coglie i lati positivi.

E da queste realtà, come insegnano le vicende inglesi, non è agevole uscire. All’ombra del mercato unico è cresciuta una burocrazia che non ha nulla da invidiare a quelle dei singoli stati europei, quali l’Italia.

Il rischio è che l’Europa diventi il primo datore di lavoro del Belgio e che non vada oltre  questo primato: ecco è lo svincolo a cui siamo di fronte. Non so se è questione di dare più poteri al Parlamento Europeo, alla Commissione o al Consiglio dei Ministri. Sul tappeto  e il cambiamento.

Le burocrazie non hanno mai dato vita a  nuove realtà statuali. Le burocrazie hanno spesso distrutto  gli slanci degli stati nascenti - se il  voto del 26 maggio è richiesto dalle burocrazie e per consolidare il loro potere forse val la pena di fare un esame di coscienza per  domandarci cosa intendiamo per Europa.

Confesso che in tutti questi anni non mi à capitato spesso di sentire il soffio dello spirito europeo passarmi accanto. Una volta è capitato all’ Abbazia di Altacomba dove mille anni di storia della dinastia dei Savoia, da Umberto Biancamano a Umberto II, rivivono  fuori dal tempo  e ci fanno toccare con mano che nonostante tutto siamo europei.

di Salvatore Sfrecola

( tratto da www.unsognoitaliano.it)

Diffusa e generale indignazione per il gesto del Sindaco di Bergamo, Giorgio Gori, piddino di rango, del quale Facebook ha mostrato un filmato mentre è intento a lucidare una targa commemorativa usando il tricolore, la bandiera nazionale. L’occasione, l’inaugurazione di un parco. Tra i primi a manifestare sdegno l’Avv. Alessandro Sacchi, Presidente dell’Unione Monarchica Italiana, che ha stigmatizzato in un comunicato l’“evidente disprezzo per il vessillo della Patria” commesso da un pubblico ufficiale, primo cittadino di una nobilissima Città, senza che nessuno sia intervenuto a dissuaderlo od a censurare quel gesto gravissimo. Nessuno dei presenti, nessuno del Partito Democratico che ha perduto un’occasione per recuperare credibilità agli occhi degli italiani difendendo i valori nazionali che la bandiera riassume. Costava poco farlo. Ma il logorroico Zingaretti ha taciuto. Come Matteo Renzi, pronto ad ogni piè sospinto a prendere la parola. Assente anche il Prefetto, rappresentante del Governo. Un tempo avrebbe richiamato il Sindaco.

Interverrà l’Autorità Giudiziaria? Ce lo auguriamo. Sulla base dell’art. 292, comma 1, del codice penale che punisce con una pena pecuniaria “chiunque vilipende con espressioni ingiuriose la bandiera nazionale o altro emblema dello Stato”. Pena che è aumentata “nel caso in cui il medesimo fatto sia commesso in occasione di una pubblica ricorrenza o di una cerimonia ufficiale”. Articolo il quale al comma 2 prevede che “chiunque pubblicamente intenzionalmente distrugge, disperde, deteriora, rende inservibile o imbratta la bandiera nazionale o altro emblema dello Stato è punito con la reclusione fino a due anni”.

Secondo la giurisprudenza della Corte di Cassazione, ai fini della sussistenza del delitto di quell’art. 292 è necessario che la condotta di vilipendio si concretizzi in un atto di denigrazione di una bandiera nazionale (Cass. Pen., Sez. I, 3 luglio 2006, n. 22891). La bandiera nazionale spiega ancora la Suprema Corte è penalmente tutelata per il suo valore simbolico, suscettibile, per sua natura, di essere leso anche da semplici manifestazioni verbali di disprezzo, la cui penale rilevanza, ai fini della configurabilità del reato, richiede quindi soltanto la percepibilità da parte di altri soggetti” (Cass. Pen., Sez. I, 19 dicembre 2003, n. 48902).

Orbene, nella condotta del Sindaco Gori c’è evidentemente l’elemento della intenzionalità, dell’occasione pubblica, e del deterioramento del vessillo che, se usato per lucidare o spolverare una targa, avrà certamente subito gli effetti di tale impiego.

Poteva mettere la mano in tasca ed usare un fazzoletto il Sindaco. Ha preferito usare la bandiera nazionale con evidente disprezzo per il suo valore simbolico, per dirla con le parole della Suprema Corte.

Da notare che neppure associazioni “patriottiche”, a quanto è dato sapere, sono intervenute. Che scemi l’amore per la Patria? Dopo anni di negazione dei valori risorgimentali, gli unici unitari, non può stupire.

12 maggio 2019