I monarchici nella “giornata della memoria” e in ricordo di Mafalda di Savoia

Nella “Giornata della memoria” l’Unione Monarchica Italiana (U.M.I.) ricorda con animo commosso le vittime degli orrori del regime nazista, quei milioni gli uomini e donne massacrati solo per l’appartenenza ad una stirpe, ad una fede religiosa o ad una idea politica. Nell’occasione, i monarchici ricordano Mafalda di Savoia, principessa d’Assia, morta nel campo di concentramento di Buchenwald, vittima della vendetta del feroce dittatore nazista, e gli internati italiani, i militari che, fedeli al giuramento prestato al Re, non vollero combattere  fianco dei tedeschi e mantennero alto il tricolore della Patria.

Gli eventi che ricordiamo oggi debbono essere di ammonimento alle giovani generazioni perché resi possibili a seguito della soppressione dei regimi liberali e parlamentari.

Roma,25 gennaio 2023

Il Presidente Nazionale

Avv. Alessandro Sacchi

 

L'Unione Monarchica Italiana si inchina reverente nel ricordo del Re degli Elleni, Costantino II.

Re Costantino II

di Salvatore Sfrecola

Nel bailamme dei gossip televisivi seguiti, prima all’annuncio, poi alla pubblicazione, del libro del secondogenito di Re Carlo III, Harry, Duca di Sussex, “Spare – il minore”, il bravo e sempre compassato corrispondente da Londra del TG1, Marco Varvello, si è lasciato andare ad una affermazione sopra le righe definendo la Monarchia inglese “anacronistica”. Opinione legittima, ovviamente, del tutto opposta a quella che aveva sostenuto poco prima Antonio Caprarica, storico corrispondente RAI che a Londra ha trascorso molti anni, dopo aver svolto le stesse funzioni in Medio Oriente ed a Mosca, che si è detto convinto, ancora una volta, della stabilità dell’assetto costituzionale del Regno Unito intorno alla Corona dei Windsor.

Eppure, Varvello aveva egregiamente descritto i funerali della Regina Elisabetta e reso edotto il pubblico italiano dell’affetto e della stima dei quali godeva la Regina, come espressione di una Istituzione che risale nei secoli e sulle rive del Tamigi si è affermata insieme alle regole della democrazia liberale, quella delineata dal Barone di Montesquieu nel famoso Esprit des Lois, dove sono scandite le regole della separazione dei poteri, quell’equilibrio tra Governo, Parlamento, Magistratura che il politologo francese aveva immaginato osservando quel che accade, appunto, a Londra. Dove il vertice dello Stato è sottratto al potere dei partiti e, nella figura del Sovrano, incarna la storia e l’identità del Regno Unito.

Lo si è visto nei giorni scorsi in occasione delle crisi dei Governi di Boris Johnson e di Liz Truss, cui è seguito l’Esecutivo del Primo Ministro Rishi Sunak. La scelta è stata del Partito Conservatore, cui appartengono i tre, che ha designato il proprio leader, automaticamente posto a Capo del Governo dal Re che prende atto della maggioranza parlamentare e della sua guida. In questo modo il Sovrano inglese risulta un vero e proprio arbitro, collocato in posizione di terzietà a Capo dello Stato. Il confronto politico è tra i partiti e la stabilità del sistema è garantita proprio dalla presenza del Re che assicura, agli occhi dei cittadini britannici, la continuità dello Stato indipendentemente dalla maggioranza presente nella Camera dei Comuni.

Un semplice confronto con l’esperienza italiana fa comprendere il senso della forza della democrazia parlamentare inglese. A Londra il potere è incentrato nei gruppi parlamentari che, grazie ad una legge elettorale maggioritaria basata su collegi uninominali, sono formati da soggetti che riscuotono realmente il consenso dell’elettorato. Me lo ha spiegato bene qualche anno fa un parlamentare inglese, del Partito Liberale, il quale ha insistito sul rapporto diretto che nel collegio s’instaura tra candidato ed elettori e che assicura all’eletto un’assoluta indipendenza dal partito. “Il partito – mi diceva – non mi sposterebbe mai dal collegio e se lo facesse io mi presenterei ugualmente e sarei eletto”.

A Roma i parlamentari, formalmente eletti, sono in realtà “nominati” perché scelti dalle segreterie dei partiti e varcheranno i portoni di Palazzo Madama o di Palazzo Montecitorio solo se alla lista del partito saranno assegnati seggi in numero tale da comprendere la loro posizione di lista. I collegi uninominali somigliano agli inglesi, ma le candidature sono dei partiti (nel senso che sarebbe impossibile un’autocandidatura) e l’ambito territoriale è talmente esteso che non c’è nessun effettivo contatto con l’elettorato.

Altra differenza. L’Italia è una repubblica parlamentare con a Capo dello Stato una personalità eletta dal Parlamento in seduta comune sulla base di una candidatura decisa dai partiti. Il Presidente, dunque, che pure è istituzionalmente al di sopra delle parti, è pur sempre espressione di una maggioranza, della sua cultura politica, delle sue aspettative, compresa quella di ottenere, alla scadenza del mandato, l’elezione di una personalità della stessa maggioranza. Lo si è visto a gennaio 2022 con l’autocandidatura di Mario Draghi che ha immediatamente compattato il Centrosinistra sul nome di Sergio Mattarella che pure aveva manifestato l’intenzione di non essere confermato.

Espressione della figura presidenziale è la sua incombente presenza nel dibattito politico, attuata in vario modo, con discorsi pressoché quotidiani, sempre corposi e argomentati, messaggi di saluto e presenza a manifestazioni di vario genere. 

Di contro a Londra la Regina in 70 anni di Regno, a parte i discorsi in occasione del Natale, ha parlato solo sei volte, sempre per pochissimi minuti, intorno a cinque, con straordinaria efficacia e riscontro mondiale, come quando in piena pandemia da Covid-19, ha concluso con un “ci rivedremo ancora” che era un inno alla speranza. Anche il discorso del padre, Re Giorgio VI, divento famoso anche per un’eccellente pellicola cinematografica, “Il discorso del Re”, pur occasionato da un evento drammatico, l’entrata in guerra contro la Germania Nazista, è stato di soli nove minuti.

Sempre a dimostrazione che la politica la fanno Governo e Parlamento.

Tutto questo per dire che, quando le istituzioni entrano nel cuore e nelle menti, come nel Regno Unito nel quale il Sovrano si identifica nella storia e nell’identità dei popoli che ne fanno parte (significativo che l’attuale Primo Ministro sia di origine indiana e di religione Indù), sembra naturale che la vita dello stato proceda in tal modo, con i suoi rituali che non vanno mai trascurati perché la gente ha bisogno anche di identificare il potere attraverso le forme che assume nel tempo, la corona e lo scettro del Re, la toga dei magistrati, il colbacco delle guardie, gli alamari dei reggimenti storici, come, del resto il camice bianco dei medici.

Queste istituzioni a volte sembrano scontate e possono apparire “anacronistiche” a Marco Varvello. Ma è certo che gli inglesi farebbero a cambio con la democrazia parlamentare all’italiana? Che preferirebbero un Presidente della Repubblica naturalmente loquace (è comunque un politico) ad un Re sobrio ed un governo che entra in carica almeno dopo un mese dalle elezioni legislative anziché il giorno dopo?

Il futuro della Monarchia inglese sta nelle risposte che i cittadini di quel grande stato darebbero ai quesiti appena formulati.

 

In morte di Papa Benedetto XVI

L’Unione Monarchica Italiana (U.M.I.) rende omaggio a Papa Benedetto XVI e ne ricorda la straordinaria umanità, la sconfinata cultura teologica e storica che ne fanno un autentico Padre della Chiesa. Il suo è stato un Magistero di rinnovamento della fede nella tradizione, come dimostra la rivendicazione delle radici cristiane dell’Europa. Sereno e gentile ha amato l’Italia e Roma.

Roma,31 dicembre 2022

Il Presidente Nazionale

Avv. Alessandro Sacchi

La Regina Elena, dama della carità, sia sepolta al Pantheon dove riposano i sovrani d’Italia

Vittima di un esilio ingiusto, ignoto ai paesi civili, 70 anni fa moriva in terra di Francia Elena di Savoia, Regina d’Italia, Regina della carità, come la riconoscevano gli italiani di ogni credo politico, grande figura di sovrana cattolica, di moglie e di madre che il Nazismo privò dell’amata figlia Mafalda, morta in campo di concentramento a Buchenwald. Per le Sue opere di beneficenza il Sommo Pontefice Pio XI la definì “Signora della carità benefica” e la insignì della “Rosa d’oro” della Cristianità. È considerata Serva di Dio dalla Chiesa cattolica.

È sepolta nel Santuario di Vicoforte, insieme al marito Re Vittorio Emanuele III, in attesa di trovare la sua giusta collocazione a Roma, nel Pantheon, dove riposano i Sovrani d’Italia.

L’Unione Monarchica Italiana ricorda a quanti hanno senso di giustizia e di cristiana pietà che il rispetto della storia è parte essenziale della nostra identità nazionale e si appella a quanti ne hanno facoltà perché Elena di Savoia sia sepolta a Roma.

Roma, 28 novembre 2022

Il Presidente Nazionale

Avv. Alessandro Sacchi

di Francesco Saverio Pasquetti

( tratto da: IN CITTÀ SABATO SCORSO L'AVV. ALESSANDRO SACCHI, PRESIDENTE DELL'UNIONE MONARCHICA ITALIANA | FORMAT RIETI )

Una lettura diversa della storia italiana, dal 1848 sino ai giorni nostri. Questo è stato il senso dell'incontro, introdotto dal saluto ai presenti del presidente del consiglio comunale Claudio Valentini, di sabato mattina presso la sala consiliare del comune e di cui si è fatto promotore il consigliere comunale Alessio Angelucci. Da sempre appassionato nello studio e nell'approfondimento delle tradizioni monarchiche internazionali ed europee in particolare, Angelucci ha invitato l'avv. Alessandro Sacchi, attuale presidente nazionale dell'U.M.I. - Unione Monarchica Italiana – associazione che oggi conta più di 80.000 iscritti, a tenere un'interessante dissertazione che ha visto coinvolta, fra i numerosi presenti, una seconda liceo del ginnasio “Marco Terenzio Varrone” cittadino.  Sacchi, Avvocato civilista, è nato a Napoli, dove vive e lavora e dal 2012 è presidente dell'U.M.I.. Da allora gira l'Italia al fine di sostenere un visione “altra” della storia nazionale ed, in particolare, di quella unitaria, assegnando nella sua lettura storica notevoli meriti alla dinastia Savoia. Da operatore del diritto (“quali siamo noi avvocati – ci tiene a precisare, nicchiando – i giuristi sono i magistrati”) il punto di partenza è quello dei moti rivoluzionari della prima metà dell'800 e la concessione, da parte di quelle che vennero definite “monarchie illuminate”, dei vari statuti sparsi per mezza europa. Fra essi, lo statuto albertino, che i Savoia – a differenza delle altre monarchie, che poi li revocarono in blocco - difesero strenuamente nonostante la debacle della battaglia di Novara del 1848 e la richiesta esplicita dell'Austria all'allora re Vittorio Emanuele II di abrogarla. Da lì al 1861, il passo è breve: senza citare il conte di Cavour – convitato di pietra da sempre ritenuto fautore fondamentale del processo unitario – Sacchi pone l'accento sulla figura di Garibaldi, sul suo straordinario carisma, sulle sue capacità militari (“Lincoln lo contattò per affidargli l'esercito nella guerra civile contro i Confederati, ma egli rifiutò: <<la mia spada serve all'Italia>> disse”; così, in un inciso, Sacchi). Un personaggio in grado, su incarico della monarchia sabauda, dopo soli 13 anni dalla disfatta novarese di dare un apporto decisivo a quel processo unitario che dovette tuttavia attendere la disfatta francese nella guerra con la Prussia del 1871 per conoscere la presa di Roma e la designazione della città eterna quale capitale d' Italia. L'affascinante excursus condotto con istrionica abilita oratoria dal presidente Sacchi si arricchisce così di aneddoti per larga parte inediti circa il prosieguo di un iter di unificazione che, a detta dell'avvocato partenopeo, conosce con la Grande Guerra il suo definitivo completamento, dovuto in gran parte alla scelta coraggiosa dell'allora monarca sabaudo di affidare il proprio esercito ad un generale napoletano quale Armando Diaz. Questi conduce il paese alla vittoria, quella che oggi “purtroppo non è più festeggiata” - aggiunge con amarezza Sacchi, ponendo l'accento sul 4 novembre quale data veramente unitiva per tutti gli italiani, per poi aggiungere: “strano paese, il nostro: uno straniero che giunge oggi da noi potrebbe arrivare alla conclusione che l'Italia abbia perso la prima guerra mondiale e vinto la prima!”. I momenti più controversi, incalzato anche da alcune domande sul tema, giungono sul rapporto con il fascismo e con Mussolini, con particolare riferimento alla marcia su Roma, alle leggi razziali e all'8 settembre. Gioca sulla difensiva, Sacchi, tornando nell'occasione con abilità “forense” a parlare dello statuto albertino all'epoca vigente ed alla sua natura giuridica “flessibile” più volte modificata soprattutto durante il Ventennio e questo - evidenzia - a svantaggio delle facoltà dei regnanti. Poi l'affondo più ficcante, quello sul referendum “monarchia – repubblica”, per il presidente UMI vinto in realtà dalla prima sulla seconda ma "manovrato" affinchè il risultato fosse esattamente l'opposto. “E se avesse vinto la monarchia” - domanda qualcuno -  “cosa sarebbe cambiato?”. “Moltissimo”, sostiene Sacchi, riprendendo al proposito numerosi esempi che dall'ultimo conflitto ad oggi hanno riguardato il ruolo delle monarchie europee nei rispettivi paesi. Gli esempi hanno toccato i regnanti olandesi, quelli belgi (“il Belgio è stato due anni senza governo, ma nessuno si è preoccuparo perchè il re era il garante delle istituzioni” dice), la Spagna ed, infine, la dinastia britannica, con l'inevitabile omaggio ad Elisabetta II, autentico gigante, ha sottolineato, della storia europea e mondiale degli ultimi settant'anni. E qui, sul ruolo del monarca, l'ultimo affondo al sistema “repubblica” italiano: “a noi – ha concluso Sacchi – manca quel ruolo di arbitro imparziale e di prestigio che i regnanti esercitano nelle altre monarchie istituzionali e che a noi non appartiene, visto che il nostro “presidente / arbitro” è comunque, inevitabilmente espressione di una parte politica e di una maggioranza parlamentare, per quanto ampia e qualificata”.