Parola di Re
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Puglia: il Gen. Pasquale Stella è stato nominato commissario.
Oggi, 2 luglio 2018, il Presidente Nazionale dell’U.M.I., Avv. Alessandro Sacchi, ha nominato Commissario per la Regione Puglia il Gen. Pasquale Stella.
Al. Gen. Stella, i migliori auguri di buon lavoro dall'U.M.I.
La ’crociata’ per piazza Savoia, 700 cittadini contro il Comune: "Non si può cancellare la storia"
( fonte:www.primonumero.it/attualita/primopiano/articolo.php?id=28295)
Dai residenti della zona a magistrati, commercianti e professionisti: almeno 700 persone hanno firmato la petizione per bloccare il cambio di denominazione di piazza Savoia in piazza Falcone e Borsellino. "Sono stati due grandi magistrati e ci dobbiamo inchinare davanti a loro, e non siamo nemmeno monarchici. Ma a Falcone e Borsellino si poteva dedicare una scuola o il Tribunale", sottolineano il tenente colonnello Mario Capone e Silvana Folchi (figlia del famoso pittore), promotori del comitato che sta raccogliendo le firme che saranno consegnate al sindaco e al prefetto.
di Stefania Potente
Campobasso. Sembrava che Campobasso si fosse abituata (o rassegnata, dipende dai punti di vista) all’idea: piazza Savoia diventerà piazza Falcone e Borsellino. In Comune l’iter per il cambio di denominazione si è concluso e tutti gli atti sono stati inviati in Prefettura, con commenti entusiastici e soddisfatti da parte degli amministratori di palazzo San Giorgio. Tutti felici e contenti? Non proprio.
In realtà, si è accesa una ‘sommossa carbonara’ contro l’iniziativa dell’amministrazione, una ‘crociata’ avviata dal tenente colonello Mario Capone (N.d.r. già Dirigente Nazionale U.M.I., iscritto), da Silvana Foschi, figlia del noto pittore molisano, e da Michele Palange. Sono stati loro, qualche settimana fa, dopo aver ascoltato la conferenza stampa del consigliere di opposizione Francesco Pilone, a fondare un comitato e ad avviare una raccolta firme per chiedere al Comune e alla Prefettura di lasciare tutto così com’è: piazza Savoia al suo posto, dunque. Mentre ai due magistrati uccisi dalla mafia “si potrebbe intitolare una scuola o il palazzo di Giustizia di Campobasso”, la proposta del tenente colonnello.
Le valutazioni politiche non c’entrano nulla con questa ‘battaglia’: anzi, la petizione è stata firmata "pure da persone di sinistra". “Noi non siamo monarchici – ha puntualizzato la signora Silvana – ma la storia non può essere cancellata né dimenticata. Mi sembra una iniziativa inutile, alla luce di tutti i problemi che ha Campobasso. Con tutto il rispetto per i giudici Falcone e Borsellino, che devono essere ricordati, però la toponomastica non può essere stravolta. Ci sono tanti altri spazi che possono essere dedicati a loro, soprattutto nella zona nuova della città.
Sullo sfondo motivazioni storiche. Piazza Savoia fa quasi da ‘porta d’ingresso’ ad un quartiere la cui toponomastica è fortemente ’impregnata’ dallo spirito monarchico: ci sono via conte Rosso e via Conte Verde, via Duca d’Aosta e via Principe di Piemonte, ad esempio. Poco distante dalla piazza inoltre sorgono l’edificio degli ex Orfani di guerra (alle spalle del Conservatorio, attualmente ospita la scuola Pertini) e le villette che sono state costruite per gli ex combattenti e i reduci di guerra. "E’ un’area che si è sviluppata nei primi decenni del Novecento, dedicata alla memoria storica e che inizia da via Petrella, senatore del regno d’Italia, e via Scatolone, medaglia d’oro della Prima guerra mondiale", la loro tesi. Dal punto di vista amministrativo, invece, il regolamento comunale stabilisce "il rispetto della toponomastica esistente, della memoria storica, oltre all’omogeneità di determinate zone storiche" per "non variare l’assetto territoriale" e "non apportare disagi ai cittadini". E questo è un punto fondamentale.
Chi è contrario al cambio di denominazione, sostiene anche motivi strettamente pratici. “Sono preoccupati dal cambio di denominazione coloro che vivono in piazza Savoia e che dovrebbero cambiare tutti i documenti. Parliamo dei residenti (molti dei quali anziani) dello storico palazzo Incis, ma anche i professionisti che hanno lì il loro studio”, ha sottolineato a Primonumero Capone. Non sono stati nemmeno interpellati dal Comune su questa novità.
La battaglia finora ha raccolto parecchi consensi: sui fogli bianchi distribuiti tra la cittadinanza hanno apposto la loro firma professionisti, magistrati, commercianti, associazioni combattentistiche, i reduci di guerra, l’Università della Terza età.
La petizione sta procedendo a gonfie vele. "Sono stato contattato da campobassani che vivono a Nuova Comunità o a Coste di Oratino e che si oppongono a questa iniziativa, ma non possono firmare. Tuttavia, i più incavolati di tutti sono gli abitanti delle contrade", ha raccontato il tenente colonnello. "Ho lasciato un foglio per la raccolta firme ad un negozio di biancheria, è stato riempito in pochissime ore".
Le firme poi saranno consegnate alle istituzioni preposte, con ogni probabilità al sindaco Antonio Battista e alla prefetta Maria Guia Federico per provare a fermare l’iter di denominazione. Nei prossimi giorni inoltre si svolgerà un incontro pubblico.
"La storia ci ha insegnato ad aggiungere, non a cancellare", l’opinione di Francesco Pilone. "Se fra 100 anni ci saranno altri magistrati illustri, cambiamo di nuovo la denominazione di piazza Falcone e Borsellino? Già abbiamo cancellato il teatro Margherita che è stato chiamato teatro Savoia, non rifacciamo questo errore. A Falcone e Borsellino, due personaggi martiri e per l’alto valore didattico e di moralità, - la proposta del consigliere comunale - possiamo dedicare una delle quattro scuole nuove che saranno costruite".
La ’crociata’ è solo agli inizi. Ma forse già si sta trasformando in un braccio di ferro. Di sicuro, a palazzo San Giorgio non si potrà ignorare il malcontento di chi ha firmato per evitare la cancellazione di piazza Savoia.
La famiglia in un articolo di oggi su La Verità.
PENALIZZATA DALLE POLITICHE FISCALI
LA FAMIGLIA RICONQUISTI CENTRALITÀ
Diritti delle persone, pari opportunità, adozioni internazionali, disabilità, lotta agli stupefacenti, professionalità delle badanti. Il ministro Fontana dovrà rivedere le funzioni del suo dicastero
di SALVATORE SFRECOLA
Matteo Salvini aveva promesso in campagna elettorale un ministero “per le disabilità”. E così al punto 15 del contratto di governo tra Lega e Movimento 5 Stelle è indicato uno specifico impegno con il fine di proteggere, tutelare, assistere e integrare chiunque abbia una disabilità. Con l’intento di consolidare e rinnovare le politiche di protezione e inclusione dedicate alle persone con disabilità e finalizzate a garantire un concreto ed efficace sostegno durante tutte le fasi della vita.
Dal contratto al programma presentato alle Camere l’ufficio del ministro senza portafoglio Lorenzo Fontana e divenuto opportunamente “per la famiglia e le disabilità”, dacché la condizione di chi ha bisogno di essere sostenuto si ricollega strettamente alla famiglia di appartenenza la quale sovente affronta, sostenendo un peso economico mai indifferente, il grave onere dell’assistenza di un componente che soffra di disabilità. Spesso con riduzione delle possibilità di lavoro di chi assiste il disabile o con spese rilevanti quando soccorrono badanti. Un tema che il ministro dovrà affrontare sotto vari profili. Perché i badanti dovrebbero possedere un minimo di professionalità certificata dall’autorità pubblica, perché non è giusto, e La Verità lo ha già scritto, che la persona la quale usufruisce di queste prestazioni non possa alleggerire il proprio reddito a fini fiscali delle somme corrisposte al lavoratore se non in una misura assolutamente ridicola.
In una nota predisposta nella fase di elaborazione delle idee per il programma di governo, a chi me lo aveva chiesto, avevo suggerito che il nuovo ministero si chiamasse “dei diritti della persona e della famiglia”, proprio perché le condizioni che meritano di essere oggetto di trattamenti assistenziali, previdenziali ed indennitari appartengono ai diritti della persona e alla famiglia nell’ambito della quale quella persona vive.
È quindi un impegno notevole quello che il ministro Fontana assume nel costruire il suo ufficio che non potrà non ricomprendere strutture già presenti nella Presidenza del Consiglio dei Ministri, come il Dipartimento per le politiche della famiglia, presso il quale è istituita la Cegreteria tecnica della Commissione per le adozioni internazionali, il Dipartimento per le pari opportunità e il Dipartimento per le politiche antidroga. Tutte strutture riconducibili all’esigenza che la centralità della famiglia nella società italiana, così come individuata dalla Costituzione all’art. 29 che la definisce “società naturale fondata sul matrimonio”, sia oggetto di una considerazione unitaria anche dal punto di vista fiscale perché sappiamo bene che la politica tributaria ha da sempre penalizzato gravemente la famiglia, favorendo per fini fiscali le separazioni e gravando i nuclei familiari di rilevanti oneri o escludendo benefici attribuiti a soggetti e a nuclei, meritevoli di un rispetto che tuttavia non può andare a danno delle famiglie legalmente costituite. Infatti per una coppia “di fatto”, non registrata come tale, la donna è una “ragazza madre”, percepisce una indennità e sopravanza le donne sposate nelle graduatorie, ad esempio per gli asili nido. C’è una evidente disparità di trattamento.
Il ministro Fontana ha dimostrato, fin dalla sue prime dichiarazioni, di avere una percezione netta di questi problemi, giuridici e tributari, che vanno affrontati nel rispetto delle persone e nella considerazione del ruolo fondamentale della famiglia. La Costituzione - ancora una volta ignorata – ha infatti previsto all’art. 31 che “la Repubblica agevola con misure economiche e altre provvidenze la formazione della famiglia e l’adempimento dei compiti relativi, con particolare riguardo alle famiglie numerose”. Un progetto sul quale in Assemblea costituente si era registrata la convergenza di tutte le forze politiche di destra e di sinistra, cattoliche e laiche. Eppure i governi finora hanno trascurato questa indicazione, salvo poi a richiamare in sede elettorale l’esigenza di contrastare il calo demografico. Impossibile senza una politica per la famiglia.
Il Ministro Fontana trova un terreno arato, anche dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri che al tempo del governo Berlusconi 2001 2006 aveva, attraverso una specifica Commissione di studio, elaborato un documento definito “Statuto dei diritti della Famiglia” che avrebbe dovuto essere presentato come disegno di legge ma che per il finire della legislatura rimase nei cassetti anche se, come La Verità ha ricordato, quella iniziativa non è andata del tutto perduta. Infatti i senatori Paola Binetti ed Antonio De Poli ne hanno preso uno degli spunti di quel testo e presentato un disegno di legge istitutivo di una “Autorità garante della famiglia”. Nel costruire il suo ufficio il ministro Fontana non potrà, inoltre, non acquisire alla sua competenza la Divisione V della Direzione generale per la lotta alla povertà e per la programmazione sociale del Ministero del lavoro, oggi unificato nel Ministero dello sviluppo economico, che si occupa specificamente delle politiche sociali per le persone con disabilità e per le persone non autosufficienti e dell’inserimento lavorativo delle persone con disabilità.
È evidentemente un impegno notevole quello che attende il ministro che nasce senza portafoglio ma che dovrà trovare inevitabilmente delle risorse perché l’attività di coordinamento e di programmazione delle iniziative nel settore non si fa esclusivamente con direttive ministeriali e con sollecitazioni ai ministri titolari di competenze specifiche. In sostanza la situazione dei diritti delle persone e della famiglia, comprese le questioni relative alla disabilità, richiede la concentrazione in un ministero di competenze sparse ai vari livelli burocratici, in qualche modo riconducibili ai diritti delle persone, della famiglia e alle disabilità