Parola di Re
|
L'UMI è istituita per raccogliere e guidare tutti i monarchici, senza esclusioni, al fine di ricomporre in sè quella concordia discors che è una delle ragioni d'essere della Monarchia e condizione di ogni progresso politico e sociale. Suo compito non è la partecipazione diretta alla lotta politica dei partiti, ma la affermazione e la difesa degli ideali supremi di Patria e libertà, che la mia casa rappresenta.
|
RADIO LONDRA – NOTIZIE DAL MONDO LIBERO
di Gaspare Battistuzzo Cremonini
Gretini? No, grazie, siamo conservatori
Chi è sufficientemente anziano ricorderà che al sabato, durante il Ventennio, c’erano i Littoriali: una versione in piccolo, paesana, campanilistica e al sapor di mortadella delle magniloquenti manifestazioni del medesimo nome che il Fascismo organizzava, invece, in pompa magna a Roma.
In questo ultimo anno ci è stato dato di poter assistere ad una nuova versione dei Littoriali del sabato, spostati però al venerdì, quelle che io ho chiamato le Gretinate, ossia le manifestazioni dei cosiddetti Fridays For Future, movimento giovanile di grande successo mondiale formato da quei ragazzi che seguono la trecciuta neo-guru svedese Greta Thunberg, ascesa al ruolo di profeta del verbo Green che saprà portarci nella nuova era della Terra in cui scorreranno fiumi di miele.
A ben vedere il progressismo internazionale non è nuovo a cicliche riscoperte del tema ambientale: gli anni ’70 ci hanno ben insegnato che tra un concerto nudi come mamma li aveva fatti e un viaggio stupefacente in India alla ricerca dei paradisi artificiali negli ashram, i ragazzi della borghesia occidentale rispolverano circa ogni decennio la questione del cambiamento climatico e delle sue conseguenze.
Badate bene, cari amici, non dico assolutamente che il cambiamento climatico e l’ambiente non siano, in questo momento, una priorità cui dovremmo dedicarci. Al contrario, ritengo che essi siano di certo la chiave di volta del nostro futuro: se non lo comprendiamo presto, presto saremo spacciati.
No, qui la questione ha come sempre a che fare con ipocrisia, doppiopesismo e gruppi di giovani annoiati che non sapendo che fare, invece di leggere e documentarsi, seguono quel che il mainstream - ossia l’Orco che il clima lo sta devastando da decenni, - propone loro come protesta, debitamente incanalata in modo che non faccia male a nessuno e che coloro i quali traggono profitto dallo sverginamento del pianeta non debbano preoccuparsi ma al contrario blandiscano, con soffici carezze, questi ragazzetti sprovveduti che non capiscono per cosa protestano.
Per prima cosa sarebbe interessante far notare che il tema della salvaguardia ambientale è, assolutamente e primariamente, un tema conservatore. Il progressismo, che nasce nell’ottocento positivista e sulla scia del marxismo e di movimenti socialisti sperimentali, da sempre inneggia al progresso come leva con la quale le classi oppresse potranno, prima o poi, affrancarsi dai loro oppressori.
Se era un conservatore come J.R.R. Tolkien a dire che preferiva il lampo alla luce elettrica ed il cavallo alle automobili, erano invece gli apologeti del progresso laburista quelli che vedevano nei mezzi di produzione di massa il modo per elevare quella stessa massa a protagonista. Per un Filippo di Edimburgo che fondava il WWF (World Wildlife Fund), c’erano altrettanti Stalin e Mao Tse Tung che implementavano vertiginosamente l’industrializzazione dei loro paesi al fine di renderli competitivi con il nemico di sempre, i capitalistici Stati Uniti.
Il conservatore vero, del resto, è e non può essere altro che il primo ambientalista in quanto ritiene sacro ed inviolabile il Creato poiché egli si considera un custode piuttosto che un padrone: l’organizzazione umana precapitalistica, infatti, il famoso quanto vituperato Ancien Régime, non ha mai inciso sul clima e sull’ambiente quanto ha inciso e sta incidendo il libero mercato che permette a tutti di avere il frigorifero.
Acclarato ciò, resta da puntualizzare un’ipocrisia di fondo che permane fondante nel movimento dei Gretini: essi vorrebbero un ambiente più pulito e salubre senza però punto rinunciare alle comodità cui sono abituati e che, tuttavia, quell’ambiente lo stanno distruggendo. Pur non soffermandosi sulla banale semplicità del Gretino tipo che sfila in manifestazione con l’I-Phone - costato vite di bimbi africani calati in miniera ad estrarre il cobalto e vite di bimbi cinesi pagati 1$/giorno per assemblare i portenti tecnici di Mr Steve Jobs l’ex hippie progressista convertitosi al capitale, - rimane indubitabile che appena si chieda a qualsiasi di questi ragazzi di privarsi del motorino e d’andare a piedi o in autobus: apriti cielo, l’ambiente lo salvino gli altri ché io alle otto ho serata!
La vera contraddizione di fondo però, quella sul serio preoccupante, è che il Green sembra sempre di più il mantello verde sotto il quale si nascondono, compiaciuti, gli sfruttatori ambientali di sempre: per quale motivo i Rockefeller, gli Agnelli, i Soros, i Mittal, i Musk benedicono tutti il nuovo Vangelo Gretinico? Per quale motivo vogliamo tutti una Tesla, l’auto elettrica, senza sapere che costruirla inquina più di quanto inquini una macchina a benzina?
L’ambientalismo sarebbe qualcosa di bellissimo ma quel che si vede in giro sembra più che altro rinnovato conformismo.
LA MOSSA DEL CAVALLO
di Giuseppe Borgioli
La scacchiera della politica italiana è bloccata apparentemente senza soluzioni. Il governo con la sua corte sempre più ristretta è prigioniero dell’incantesimo di Villa Pamphili. L’Italia ha bisogno di idee ma soprattutto di soldi da mettere in circolazione per rivitalizzare l’economia. Cosa può dare l’Europa oltre alla scontata solidarietà? Poco in rapporto alle esigenze del nostro bilancio. Le alte carche della repubblica sono strette d’assedio colpite da un terremoto per ora silenzioso che investe la magistratura, i suoi uomini e le su regole. Nessun organo di stampa ne parla. Qualche magistrato quando viene colpito personalmente trova il coraggio di dire la sua tacitato subito dai colleghi per i quali vale il silenzio omertoso. Proprio come i virologi che hanno infierito sul professor Zangrillo perché ha osservato che alla luce dell’empirismo scientifico il corona virus è clinicamente morto. E allora l’emergenza epidemica va a farsi benedire. Ricordo un amico invalido che andò da Padre Pio pregandolo di non guarirlo perche in tal caso avrebbe dovuto rinunciare alla pensione. Guai parlare della inchiesta sulla trattativa stato-mafia anzi per essere più precisi repubblica-mafia. Il Pinocchio nazionale, professor Giuseppi Conte, è un gran venditore di balle che con incedere elegante, come l’uomo in frac di Modugno, ci propina nelle periodiche conferenze stampa. Esclude una tassa patrimoniale ma quando sentiamo parlare da lui di riforma fiscale, il nostro pensiero malizioso va lì, patrimoniale o prestito forzoso? Ce lo sapremo ridire. Quando si tratta di mettere le mani nel portafoglio degli Italiani, chissà perché, diventano tutti patriottici. Ma l’oro alla Patria non era roba di altri tempi? Intanto per allietarci la vita, per renderci più soave le pene quotidiane, fanno a gara per metterci di fronte alla prospettiva della seconda ondata del virus che ci aspetta in autunno. Vi è il dubbio che se non ci fosse questa annunciata recrudescenza i nostri eroi ne sarebbero delusi. Ma il professor Conte farà un partito tutto suo, perche prima o poi le elezioni dovremo farle? Di tutto oggi sentiamo il bisogno tranne che di un altro partito. Se troverà i soldi, e per questo scopo potete star sicuri che li troverà, avremo un altro partito. Come si chiamerà? Non lo so ma posso scommettere che c’entrerà il richiamo alla democrazia. Chi gioca a scacchi sa che la mossa del cavallo è strategica rispetto all’esito della partita. Il cavallo ha la proprietà di muoversi che ò superiore a quella degli altri pezzi. Per tirarsi fuori da questa situazione che sembra avviata ad una crisi totale, forse bisogna muovere il cavallo, uscire dalla logica repubblicana. Il valore fondante è l’unità della Patria che non può essere mercanteggiato. In altre parole occorre un colpo di reni per uscire dall’assedio istituzionale. Aspettiamo la mossa del cavallo ma che non sia il solito gioco per il potere: sia il coraggio per portarci fuori dal pantano.
AMEDEO GUILLET: IL COMANDANTE DIAVOLO
IL RICORDO DI UNA VITA AVVENTUROSA AL SERVIZIO DELLA PATRIA A 10 ANNI DALLA MORTE
di Michele Di Maio
Amedeo Guillet viaggio in Eritrea
Il buio che avvolge la figura di questo fervente monarchico e le sue ardite imprese nel periodo bellico sono il simbolo di una Repubblica che rinnega la sua storia e non celebra i suoi eroi
Il 16 giugno 2020 segna il decennale della morte di Amedeo Guillet, interessante figura della storia italiana. La vita di questo ufficiale, guerrigliero, e diplomatico è relativamente sconosciuta (difficile che il pubblico, con l' esclusione degli addetti ai lavori e degli appassionati di storia, conosca il nome), tuttavia egli, oltre a rappresentare uno straordinario insieme di coraggio, integrità, caparbietà e spericolatezza, è indubbiamente un autentico eroe italiano.
La sua vita merita di essere qui riassunta nei suoi tratti salienti anche per la sua singolare eccezionalità, la vita di Guillet non ha infatti nulla da invidiare a quella del protagonista di un buon romanzo.
Nasce nel 1909 da nobile famiglia piemontese di tradizioni militari, studia all' Accademia di Modena per divenire poi ufficiale di cavalleria. Presta servizio nella Campagna d' Abissinia, nel corso della quale viene decorato dal Maresciallo d' Italia Italo Balbo, e nella guerra civile spagnola, rinunciando nel mentre al matrimonio con la fidanzata, la cugina Beatrice Gandolfo, che si rifiuta di sposare, pur amandola, per evitare maldicenze circa un matrimonio di oppurtunità mirato ad ottenere la promozione a capitano (alcune recenti norme prevedevano lo stato di coniugato per l' ottenimento di promozioni per i dipendenti pubblici).
È però in Eritrea, dove viene dislocato poco prima dell' ingresso italiano nella Seconda guerra mondiale, che la sua storia assume i tratti della leggenda.
"Dagli inizi in Abissinia e Spagna alle gesta nel conflitto mondiale"
Qui Guillet riceve il comando un gruppo armato di irregolari indigeni al cui comando si rende protagonista di numerose imprese eroiche, come ad esempio una carica di cavalleria contro reparti meccanizzati inglesi, che gli valgono, dalle autorità italiane, la Medaglia d' argento al Valor Militare e, dai suoi soldati, il soprannome di Commundàr es Sciaitan (Comandante diavolo), la cui fama si diffonde in tutta l' Africa Orientale. Egli riesce anche ad ottenere il risulato, affatto scontato in un esercito composto da svariate etnie e religioni differenti, di non avere nella sua unità neanche un caso di diserzione o di contrasto tra i soldati indigeni e si guadagna una lealtà assoluta dai suoi uomini inaugurando un illuminato stile di comando: tratta infatti i suoi soldati con dignità e rispetto permettendo loro di rispettare i propri usi e costumi e concedendogli, secondo le usanze locali, di portare al seguito le proprie famiglie. In quel periodo lo stesso Amedeo ha una concubina eritrea, che lo seguirà per tutto il periodo di servizio eritreo in sfregio alle disposizioni che vietavano ai soldati italiani rapporti continuativi con le donne locali.
Dopo l' ordine di resa impartito da Roma nell' aprile del 1941, Guillet decide di proseguire privatamente la guerra con lo scopo di trattenere in Eritrea quante più truppe inglesi possibili alleggerendo così il fronte libico. A tal fine mette da parte l' uniforme italiana per assumere permanentemente l' identità del "Comandante diavolo" e riuniti i suoi soldati indigeni dà il via ad una feroce guerriglia contro depositi, convogli ferroviari ed avamposti inglesi. La sua leggenda diviene sempre più grande e gli inglesi scatenano una gigantesca caccia all' uomo per catturarlo, mettendo su di lui anche una taglia di 1000 sterline d' oro, ricompensa alta quanto inutile dato che nessuno lo tradirà mai (Le uniche ricompense mai corrisposte dagli Inglesi saranno quelle incassate dallo stesso Amedeo, che sotto falsa identità si presenterà per fornire informazioni sul fuggitivo Guillet).
Dopo oltre sei mesi di lotta e con i ranghi terribilmente assottigliati, giudicando la sua missione non perseguibile oltre, scioglie le sue milizie e si dà alla macchia.
"Una fuga rocambolesca e il rientro in Italia"
Inizia così il periodo più movimentato della sua vita mentre sotto l' identità del lavoratore yemenita Ahmed Abdallah al Redai, cerca una via per rientrare in Italia mantenendosi con umili lavori, quali scaricatore di porto e acquaiolo.
Appartengono a questa parte della sua biografia un viaggio su un' imbarcazione di contrabbandieri, il pestaggio da parte di pastori nomadi, la permanenza presso la capanna di un cammelliere, l' incarico di palafraniere presso la guardia, prima, e di "Gran Maniscalco di Corte" e precettore dei suoi figli, poi, al servizio del sovrano yemenita, per arrivare infine nel 1943 al rientro in patria su una nave della Croce Rossa.
Viene dunque promosso Maggiore per meriti di guerra e assegnato al SIM (Servizio Informazioni Militare) fino all' armistizio dell' 8 settembre, quando passa di nascosto la linea Gustav e giunge a Brindisi per mettersi a disposizione del Re. Torna quindi a svolgere mansioni di agente segreto al servizio del ricostituito Regio Esercito coronando nel mentre l' antico sogno d' amore sposando Beatrice Gandolfo nel 1944.
Terminata la guerra, a seguito dell' esito del referendum istituzionale, Guillet, fedele al giuramento prestato alla Corona, si dimette dall' Esercito e si reca, per palesargli l' intenzione di lasciare il Paese, da Umberto II, il quale lo redarguisce, rammentandogli che l' Italia e la sua indipendenza vengono prima del Sovrano.
Inizia quindi nella vita del Comandante Diavolo un nuovo capitolo caratterizzato dalla laurea in Scienze Politiche e dalla carriera diplomatica.
"Il servizio diplomatico e gli ultimi anni"
Non manca anche in questo ambito di rimanere sé stesso quando nel 1967, da ambasciatore in Marocco, memore della sua esperienza militare, mette in salvo, in una sparatoria verificatasi durante un ricevimento ufficiale a seguito di un tentato colpo di Stato, svariati diplomatici tra cui l' ambasciatore tedesco, impresa per la quale riceverà dalla Germania Ovest la Gran Croce con stella e striscia dell' Ordine al Merito della Repubblica.
Ritiratosi per sopraggiunti limiti di età nel 1975, compie nel 2000 un viaggio in Eritrea, dove viene ricevuto con gli onori di un Capo di Stato e nel novembre dello stesso anno viene insignito dal Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi della Gran Croce dell' Ordine Militare d' Italia, la più alta onorificenza militare del nostro Paese.
Muore a Roma all' età di 101 anni il 16 giugno del 2010.
Quanto sopra non è che il breve sommario di una vita lunga e densa, ma è sufficiente a cogliere la grandezza di un uomo la cui biografia, malgrado il suo protagonista non sia una delle grandi figure che hanno plasmato il corso della storia, rappresenta una grandiosa e incredibile vicenda umana.
È ora opportuno fare una riflessione e muovere una critica. Come precedentemente affermato, la figura di Amedeo Guillet non è largamente nota, quando invece, come ebbe a scrivere Indro Montanelli, "Se, invece dell' Italia, avesse avuto alle spalle l' impero inglese sarebbe diventato un secondo Lawrence". Il nostro è purtroppo uno Stato che guarda con sospetto ogni esaltazione della storia passata, vedendo in essa non una forza ma un pericolo, e che svilisce il patriottismo scambiandolo per nazionalismo. Tuttavia essere legati alla proria Nazione non significa propugnare la sua superiorità sulle altre, essere fieri dei vanti della sua storia non implica rimpiangerne le pagine più buie e vergognose. Dunque celebriamo senza paura e senza vergogna le nostre grandi personalità e i loro meriti; dobbiamo conoscere la nostra storia guardando con orgoglio alle sue glorie e con severità alle sue colpe, perchè una nazione senza storia è una nazione senza futuro.
RADIO LONDRA – NOTIZIE DAL MONDO LIBERO
di Gaspare Battistuzzo Cremonini
L’Occidente resista alle Termopili
Centrali di polizia date alle fiamme, negozi saccheggiati, persone malmenate e monumenti imbrattati: questo è il movimento Black Lives Matter che sempre di più si candida a divenire un movimento violento, partito da generiche rivendicazioni di diritti civili e finito a violare quegli stessi diritti civili che sostiene di voler difendere.
Se in Italia questa protesta ha attecchito nei soliti sostrati delle sinistre piazzaiole con quoziente intellettivo negativo (Sardine e familiari stretti), nei paesi anglosassoni il racist issue, la questione razziale, posto che esista, si sta sviluppando in un vero e proprio terremoto sociale che è già all’opera nel procurare danni ingentissimi al nostro patrimonio culturale e identitario.
Negli USA sono state vandalizzate le statue dei grandi generali della Confederazione, una per tutte quella di Lee; in Inghilterra invece la statua del filantropo Edward Colston è stata divelta e gettata nel porto di Bristol da manifestanti inferociti e con il beneplacito del sindaco anglo-giamaicano Marvin Rees mentre il primo cittadino di Londra, l’anglo-indiano Sadik Khan, sta in questi giorni facendo rimuovere le statue di personaggi come Sir Francis Drake, Cecil Rhodes, Giacomo II e Oliver Cromwell, identificati dagli estremisti del Black Lives Matter come corresponsabili della tratta degli schiavi africani.
Al contempo, in Belgio, diverse università stanno procedendo alla rimozione delle statue dedicate al re Leopoldo II mentre molte città britanniche, con Londra in testa, vedono storici monumenti a monarchi come la Regina Vittoria o a politici come Winston Churchill vandalizzati con bombolette spray e finanche il cenotafio ai caduti nelle guerre mondiali ha rischiato, nei giorni scorsi, di essere preso d’assalto dai manifestanti per bruciarne la bandiera.
Non mi interessa, a questo punto, discutere un minuto di più circa il presunto casus belli, ossia la morte di George Floyd, pluripregiudicato afroamericano già condannato per rapina a mano armata, durante un fermo di Polizia: quel che compete ad un tribunale non dovrebbe esser messo nelle mani di una folla urlante che usa un pretesto per giungere ad un obiettivo assai più pericoloso.
Lo scopo di queste manifestazioni è infatti più subdolo ed estremamente pernicioso. Quel che qui si vuol fare non è ottenere maggiori diritti né miglior trattamento per le minoranze – peraltro giova sottolineare che in USA, annualmente, muoiono per mano della polizia più bianchi che neri (statistiche alla mano), - ma piuttosto bombardare sistematicamente la Cultura Occidentale in un crescendo di attacchi portati da minoranze che si sentono sempre più forti ed in diritto di modificare la narrazione storica dei paesi che le ospitano.
Beninteso: il colonialismo ebbe le sue luci, molte, e le sue ombre, moltissime; è tuttavia parte della storia e la pretesa di voler non solo rileggere ma ridisegnare la storia è quantomeno bizzarra e certo totalmente a-scientifica. Come ben sanno gli antropologi, è infatti tipico di molte civiltà africane l’uso di modificare il passato retroattivamente al fine di giustificare il presente: in Occidente però ci affidiamo al metodo scientifico ed esso non prevede la possibilità di ri-scrivere gli eventi storici ma soltanto di studiarli.
Il caso Edward Colston è emblematico. Mercante di schiavi di grande successo nel XVII secolo, accumulata una fortuna, decide di dedicarsi ad opere di bene e nella sua Bristol fonda un numero strabiliante di opere pie che a tutt’oggi esistono e portano notevole beneficio alla città; non solo, sceglie inoltre di legare ad essa ben 70.000 sterline, un patrimonio per allora immenso, sempre da devolvere ad opere filantropiche. Eppure, essendo stato un mercante di schiavi, è entrato nel mirino dei Black Lives Matter.
L’allarmante quesito è: quale sarà il prossimo passo? Perché se si vuole riscrivere la Storia invece di studiarla, è indubbio che cadranno sotto la mannaia anche Daniel Defoe, autore immortale del Robinson Crusoe, già commerciante di schiavi e tra i primi colonialisti britannici nonché Cristoforo Colombo, in America ormai degradato a figura di semi-terrorista para-nazista dedito a scorribande criminali in giro per il mondo. Bruceranno le opere di Defoe? E’ lecito temerlo.
I governi occidentali hanno qui ed ora, di fronte a sé, un momento di verità epocale che non possono trascurare. Se essi daranno corda alle illegittime pretese di minoranze razziali e religiose, firmeranno la condanna a morte della Cultura Occidentale e la sua estinzione nel giro di pochi decenni. Se invece - consci dell’unicità dell’esperienza occidentale dello Stato di Diritto, - questi governi sapranno favorire i diritti senza cedere alle minacce e senza svendere, dileggiare, contrabbandare il nostro retaggio storico europeo, allora per noi Occidentali ci sarà ancora la speranza di giocare un ruolo nel mondo postmoderno, pur se stretti tra africani ed asiatici.
Non agire ora, non essere fermi ora, non difendere l’Europa alle Termopili e se necessario sacrificarsi come Leonida potrà avere ripercussioni inimmaginabili per lo stile di vita dei nostri figli e nipoti.