Al seguito del susseguirsi di notizie di indagini giudiziarie che interessano amministratori pubblici, dello Stato, delle regioni e degli enti locali, l’Unione Monarchica Italiana richiama le forze politiche all’esigenza di un controllo rigido dei requisiti di moralità di quanti vengono indicati per cariche di governo della comunità nazionale e locale e proposti alle scelte dell’elettorato. Nel pieno rispetto dell’autonomia e del ruolo della Magistratura i monarchici italiani ritengono che debbano essere, in primo luogo, i partiti ad allontanare dalle cariche pubbliche coloro che sono fondatamente sospetti di condotte moralmente scorrette o penalmente rilevanti. Ciò al fine di evitare che si accresca nei cittadini quel distacco dalla vita politica testimoniato dal diffuso assenteismo nelle competizioni elettorali.                

Roma, 19.04.2019

Il Presidente Nazionale
Avv. Alessandro Sacchi

 

Si è svolto in Roma, presso l’Hotel Massimo D’Azeglio, sabato 23 u.s., il Consiglio Nazionale dell’Unione Monarchica Italiana. Presente la maggioranza degli aventi diritto, la riunione è stata aperta da un minuto di silenzio in ricordo di due amici recentemente scomparsi, Marco Grandi e Camillo Zuccoli. È stata data poi lettura del messaggio di saluto di S.A.R. il Principe Amedeo di Savoia, Capo della Casa, e di S.A.R. il Principe Aimone di Savoia, che ne ha affidato la consegna al Dott. Fabrizio Servente, Senatore del Regno.

Il Presidente Nazionale dell’U.M.I., Avv. Alessandro Sacchi, aprendo i lavori, ha tenuto una relazione sulle numerose e riuscite manifestazioni ed iniziative varie sul territorio, che confermano l’espansione dell’Associazione anche in zone dove siamo stati poco presenti negli ultimi anni. Ha illustrato, poi, il programma di massima dei prossimi mesi, rappresentando al Consiglio la necessità di tenere in autunno un Congresso Nazionale, che sia occasione di riflessione e di ulteriore rilancio.                                                   

Ha annunciato la ripresa della consuetudine di tenere il Convegno Nazionale formativo per il Fronte Monarchico Giovanile, che avrà luogo dopo l’estate, probabilmente in Abruzzo. Ha comunicato la nomina della Dott.ssa Patrizia Patanè quale Delegata Nazionale per il Movimento Femminile, ed ha proposto, infine, la cooptazione di alcuni nuovi consiglieri nazionali. Numerosi e seguiti gli interventi dei presenti nel successivo dibattito. Fra gli altri, l’On. Giuseppe Basini ha chiesto al Consiglio Nazionale, ai sensi dell’Art.6 dello Statuto dell’Associazione di potere aderire con la sua associazione, “Destra Liberale”, all’Unione Monarchica Italiana.

Il Consiglio Nazionale, al termine della giornata di lavori, ha deliberato all’unanimità la cooptazione dei nuovi Consiglieri Nazionali, nelle persone di Gianluca Cocco, Marco Palmisano, Stefano Papa, Carlo Sangiorgi, Claudio Giovanelli, Amedeo di Maio e Renzo Gigante, nonché l’ingresso nella nostra associazione della Destra Liberale, ai sensi e per gli effetti dell’art.6 dello Statuto.

È stato nominato il Comitato Nazionale Politico Organizzativo, delegato alla preparazione del XIII Congresso Nazionale, che si terrà a Roma nel mese di Novembre 2019, presieduto dal Prof. Salvatore Sfrecola e composto dagli Avvocati Paolo Albi, Marco Gramegna, Edoardo Pezzoni Mauri e dal Dott. Gianni Cipollone. Alle 17.30, il Presidente ha sciolto la seduta. 

Il tavolo della Presidenza

Il Consiglio Nazionale

di Salvatore Sfrecola

Se l’Italia di oggi rispettasse la sua storia il 17 marzo sarebbe la festa dello Stato unitario, nato da quel movimento politico culturale che chiamiamo Risorgimento che vide la convergenza di uomini di pensiero e di azione provenienti da ogni angolo della Penisola per dare corpo ad una antica spirazione all’unità. Fu un “miracolo”, come ha titolato Domenico Fisichella un suo bel libro, perché non era facile, nella frammentazione politica che caratterizzava l’Italia da troppo tempo, costruire dalla molteplicità uno Stato solo.

Fu opera di tanti che videro, tuttavia, nel piccolo Regno di Sardegna un riferimento ineludibile, per la coerenza con la quale i sovrani di Casa Savoia avevano difeso lo Statuto Albertino, la legge delle libertà, mentre altri regnanti, costretti a concedere una costituzione sotto la spinta dei moti liberali e rivoluzionari l’avevano revocata al consolidarsi del loro potere dispotico con il concorso delle baionette austriache.

Espressione di questa convergenza di intenti nonostante le diversità ideologiche è la lettera di Giuseppe Mazzini al Re Vittorio Emanuele II nel settembre del 1859: “io repubblicano, e presto a tornare a morire in esilio per serbare intatta fino al sepolcro la fede della mia giovinezza, sclamerò nondimeno coi miei fratelli di patria: preside o re, Dio benedica a voi come alla nazione per la quale osaste e vinceste”.

E fu il Regno d’Italia, consacrato dal voto del Parlamento, come ricorda la legge n. 4671 del Regno di Sardegna, n. 1 del Regno d’Italia. “Il Senato e la Camera dei Deputati hanno approvato; noi abbiamo sanzionato e promulghiamo quanto segue: Articolo unico: Il Re Vittorio Emanuele II assume per sé e suoi Successori il titolo di Re d’Italia. Ordiniamo che la presente, munita del Sigillo dello Stato, sia inserita nella raccolta degli atti del Governo, mandando a chiunque spetti di osservarla e di farla osservare come legge dello Stato. Da Torino addì 17 marzo 1861”.

Era nato uno Stato unitario laddove, appena un paio d’anni prima, ve n’erano addirittura sette. Era nato per voto del Parlamento Subalpino da deputati eletti solo pochi mesi prima, nel gennaio dello stesso anno, la cui provenienza già attestava la realizzazione, de facto, dell’Unità. Le elezioni, infatti, si erano tenute in tutte quelle regioni che, attraverso i plebisciti, nel corso dell’anno precedente avevano chiesto l’annessione al Regno sabaudo. Così, accanto a Camillo Benso di Cavour nell’esecutivo, nel quale il conte ricopriva anche i dicasteri della Marina e degli Esteri, alla Giustizia sedeva un piemontese (Cassinis), all’Agricoltura un siciliano (Natoli), alla Guerra un emiliano (Fanti), alle Finanze un livornese (Bastogi), ai Lavori pubblici un fiorentino (Peruzzi), all’Istruzione un napoletano (De Sanctis).

L’Italia si poneva dunque come una realtà politica essenziale nel Mediterraneo in un contesto di contrasti tra Francia ed Austria e di contrapposizione di interessi per il dominio delle rotte marittime in un’area di estremo interesse per gli equilibri nei rapporti politici, economici e commerciali con il Medio Oriente, una prospettiva che il Conte di Cavour aveva indicato fin dal 1846, preziosa per l’Italia e per il suo sviluppo economico, con i suoi porti di Napoli e Palermo. “L’Italia sarà chiamata a nuovi e alti destini commerciali, scriveva. La sua posizione al centro del Mediterraneo, o, come un immenso promontorio, sembra destinata a collegare l’Europa all’Africa”. Una straordinaria intuizione, mai effettivamente colta dalla politica.

Purtroppo, ad appena una decina di settimane dalla proclamazione dell’Unità, quello straordinario statista, il principale architetto dell’Unità, moriva a soli 51 anni nella sua residenza di famiglia, stroncato dalla malaria contratta per l’assidua cura delle sue amate risaieL’Italia aveva perduto nel momento di maggior bisogno, nella difficile opera di unificazione amministrativa dello Stato in una realtà variegata per esperienze politiche e culturali, un uomo insostituibile, che sarebbe stato rimpianto da molti. Ancora oggi.