Parola di Re
L'UMI è istituita per raccogliere e guidare tutti i monarchici, senza esclusioni, al fine di ricomporre in sè quella concordia discors che è una delle ragioni d'essere della Monarchia e condizione di ogni progresso politico e sociale. Suo compito non è la partecipazione diretta alla lotta politica dei partiti, ma la affermazione e la difesa degli ideali supremi di Patria e libertà, che la mia casa rappresenta.
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Comunicato stampa del giorno 11 ottobre 2019
La maglia della nazionale di calcio: dall’identità al marketing
È un’operazione commerciale quella che ha previsto per i nazionali di calcio, al posto della tradizionale maglia azzurra, una casacca verde, tra l’altro priva dello scudetto tricolore. Chi l’ha progettata non ha avuto la capacità e la fantasia di immaginare una “terza maglia” che conciliasse i simboli della storia e dell’identità nazionale con la pur comprensibile esigenza di marketing dello sponsor e chi ha condiviso la scelta è gravemente venuto meno al dovere di tutelare i valori della tradizione del nostro sport, ovunque nel mondo oggetto della più attenta considerazione.
È assolutamente inaccettabile quanto è stato consentito, che faimmaginare, in ragione di interessi meramente commerciali, la possibilità di ulteriori manomissioni di storia, identità e sentimenti. Di questo passo c’è da attendersi che anche il Tricolore nazionale possa ospitare il logo di una qualche impresa, tanto per favorire una campagna promozionale di prodotti che aspirano ad un più ampio consumo.
L’Unione Monarchica Italia segnala la manomissione di storia e ricordi cari al popolo italiano che da sempre si identifica nello sport più amato.
Roma,11.10.2019
Il Presidente Nazionale
Avv. Alessandro Sacchi
Comunicato stampa di mercoledì 9 ottobre 2010
Il taglio dei parlamentari riduce la rappresentanza delle minoranze
Presentato come una misura che produce risparmi, il taglio dei parlamentari, non a caso iniziativa di un movimento politico, quello dei 5 Stelle, che predilige la democrazia diretta e avversa la democrazia rappresentativa, provoca un danno irreversibile al pluralismo politico, limitando il ruolo delle minoranze linguistiche e territoriali, i cui effetti si vedranno anche nelle deliberazioni parlamentari sull’elezione del Capo dello Stato e sulla scelta dei componenti degli organi di garanzia, Corte costituzionale, Consiglio Superiore della Magistratura e organi di autogoverno di Consiglio di Stato e Corte dei conti. In assenza di un riequilibrio dei poteri dello Stato e di una distinzione dei ruoli di Camera e Senato, fidando nella promessa di una riforma, futura e incerta, di una legge elettorale che in ogni caso prevedrà collegi di centinaia di migliaia di elettori, che marcheranno un ulteriore distacco tra i cittadini e la politica, i partiti, ricattati dalla demagogia “grillina” anticasta, e nel timore di una crisi di governo che avrebbe comportato un ritorno alle urne, hanno votato una riforma nella quale le personalità più rappresentative della politica e della cultura giuridica hanno apertamente messo in risalto limiti e incognite.
I monarchici italiani, educati alla democrazia rappresentativa consacrata dallo Statuto Albertino, la Carta costituzionale del Regno d’Italia, denunciano una decisione demagogica e illiberale che, a fronte di un “risparmio” di qualche milione, limita quegli spazi di libertà che caratterizzano le democrazie occidentali attraverso la valorizzazione del pluralismo delle idee che la riforma inevitabilmente è destinata a comprimere.
L’Unione Monarchica Italiana, da sempre impegnata a rivendicare il diritto inalienabile del cittadino di scegliere i propri rappresentanti nelle assemblee legislative, oggi composte da “nominati”, non mancherà di assicurare il proprio apporto al dibattito sull’esigenza di ulteriori riforme costituzionali ed elettorali a garanzia del ruolo centrale del Parlamento nella vita politica della nostra Italia.
Roma, 09.10.2019
Il Presidente Nazionale
Avv. Alessandro Sacchi
L'opinione di Giuseppe Borgioli
LA CINA È VICINA
Giuseppe Borgioli
La nuova Cina sta festeggiando il 70 anniversario della conquista del potere da parte di Mao e sta rivelando sempre di più la vocazione imperiale e espansionistica. Non è l’espansione di tipo conosciuto che prevedeva l’occupazione stabile dei territori (vedi il Tibet), quasi ad imitazione del colonialismo occidentale. La Cina di Xi Jinping sembra tesa al controllo del mondo attraverso il controllo dell’economia e delle infrastrutture che regolano il traffico dei commerci. Si direbbe una strategia squisitamente capitalistica. Il progetto della “via della seta” è un esempio lampante di questa strategia, perché la Cina moderna (vale la pena ricordarlo) resta una grande potenza politica prima che economica e commerciale. Alla guida della Cina c’è il partito comunista che è il vero sovrano e governa con pugno di ferro i cambiamenti che avvengono nell’economia e nella società. Sotto questo aspetto il potere in Cina è molto più totalitario che in Russia dove la tradizione culturale e religiosa ha sempre esercitato un ruolo di freno e di ancoraggio ai valori tradizionali. Siamo passati dalla rivoluzione di Mao alla coesistenza-competizione con il mondo occidentale: Una nazione in crescita esponenziale non può non interessarsi al resto del mondo. Il debito americano è in buona parte nelle mani cinesi e l’ingresso della economia cinese nel continente africano è un fattore che preoccupa gli Stati Uniti. Come sarà l’Africa dopo la cura dei massicci investimenti cinesi? La stessa Cina si troverà a fronteggiare gli altri colossi del mondo asiatico come l’India che sta venendo alla ribalta proprio grazia alla tecnologia avanzata di cui noi europei (insieme agli americani) ci credevamo i depositari. Negli ultimi anni abbiamo visto la Cine intervenire più spesso nelle controversie internazionali. L’ultimo esempio è stato il braccio di ferro degli Stati Uniti con la Corea del Nord sulle armi atomiche dove l’intervento discreto ma convincente della Cina su Kim Jong ha sventato il precipitare della crisi. Il quadro internazionale è certamente più complesso di un tempo, quando l’alleanza atlantica con l’appendice militare della NATO nasceva e si irrobustiva con il proposito non detto di escludere l’Unione Sovietica (il nemico dichiarato) di tenere dentro gli Stati Uniti sempre tentati dall’ isolazionismo e di tenere sotto la Germania considerata sempre pericolosa. Oggi la Cina, il “rosso impero” non più celeste, è più vicina che mai, ma non nel senso che la invocavano i maoisti nostrani – un po’ visionari – nel ’68.
L'opinione di Giuseppe Borgioli
Greta Thunberg, natura e contro natura
di Giuseppe Borgioli
Ammiro come tutti il coraggio e la schiettezza di Greta Thunberg, assurta al rango di eroina lanciando l’allarme reale sulle condizioni climatiche del nostro pianeta. Allarme che non è nuovo e che ritorna spesso nel pensiero ecologista. Vado con la memoria alle battaglie del non dimenticato gruppo di Roma che sotto l’impulso di Aurelio Peccei negli anni ’70 sottolineò la drammaticità della vita sulla e della terra. L’industrialismo selvaggio ha compromesso risorse naturali che rendono precario il nostro futuro. Purtroppo la iper democrazia che guida i governi occidentali tesa al consenso immediato e le autocrazie dittatoriali non hanno il respiro lungo per occuparsi del pianeta. Il consumismo è diventato una religione universale sia per coloro godono di questo stile di vita sia per coloro ( e sono tanti) che vi aspirano.
Eppure in quello che dice Greta Thunberg c’è qualcosa che mi suona come l’eco di un linguaggio improntato al “politically correct” che pure affascina le moltitudini.Mi domando: è solo e principalmente questione di catastrofe climatica e di insostenibilità del pregresso così come lo abbiamo conosciuto dal XVIII secolo in poi? Temo di no. Il fatto che non si vuol riconoscere è che abbiamo perso collettivamente la nozione di natura. Parola impronunciabile è diventata la nozione ad essa intimamente collegata di contro natura. Natura e contro natura sono termini che rimandano alla morale più che alla scienza e alla tecnica.Qui sta il nocciolo della domanda morale che interpella drammaticamente le nostre coscienze. Ogni aspetto della società contemporanea tende a sfuggire alla considerazione di ciò che è natura e ciò che è contro natura.
Persino la Chiesa non ci aiuta a risolvere il dilemma. Parliamo di invasione della plastica e di emissione di CO2 – fenomeni che realmente esistono – e non andiamo alle radici del problema, non affrontiamo la questione morale. L’ecologia della natura ci obbligherebbe a risalire alla ecologia delle relazioni sociali, dallo stato alla famiglia. Il nostro egoismo contrabbandato da libertà ci suggerisce di imbarcarci nell’ennesima campagna a tutela dell’ambiente, magari modificando il nostro stile di vita e riducendo un po’ di consumi, meglio se superflui. Intendiamoci, anche la revisione degli stili di vita e di consumo è necessaria per difendere il pianeta martoriato. Ma la revisione ecologia non ha molto senso se non è accompagnata dalla revisione del pensare. Il processo è lungo e difficile, anche se la diagnosi della vera malattia comune a tutte le società prelude alla guarigione. Natura e contro natura non sono più parole vuote. Da questo nuovo modo di essere e di pensare può prendere l’avvio di una presa di coscienza profonda, che coinvolge individui, famiglie e istituzioni. Dio perdona sempre, l’uomo qualche volta, la natura non perdona mai.