Parola di Re
L'UMI è istituita per raccogliere e guidare tutti i monarchici, senza esclusioni, al fine di ricomporre in sè quella concordia discors che è una delle ragioni d'essere della Monarchia e condizione di ogni progresso politico e sociale. Suo compito non è la partecipazione diretta alla lotta politica dei partiti, ma la affermazione e la difesa degli ideali supremi di Patria e libertà, che la mia casa rappresenta.
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Il voto, alla luce delle neuroscienze
di Davide Simone
Perché ti voto, perché non ti voto Il ruolo delle scienze IIINella scelta politica ed elettorale, il messaggio "emotivo" e "negativo" (capace di suscitare sentimenti quali rabbia, paura o disprezzo) avrebbe, secondo le neuroscienze, maggiori possibilità di attivare i circuiti neurali da cui dipende il comportamento di voto rispetto al messaggio "razionale" e "positivo". Più nel dettaglio, il Prof. Ted Brader fa notare come un messaggio "positivo" tenda a incoraggiare e galvanizzare i propri elettori senza tuttavia riuscire a coinvolgere gli altri, mentre un messaggio in grado di evocare ansie e paure aumenterà le possibilità di un candidato/partito/schieramento di convincere gli indecisi e , addirittura, di conquistare segmenti dell'elettorato dell'avversario. Ancora, il messaggio "emotivo" e "negativo" può far aumentare la partecipazione al voto e, sorprendentemente, rivela una capacità di penetrazione più alta nelle menti evolute. In ultima analisi e come dimostrato dai successi di personaggi come Ronald Reagan, Barack Obama o Silvio Berlusconi in Italia, la campagna vincente sarà quella impostata con equilibrio su speranza e paura, messaggio "negativo" e "positivo", emotività e cognizione, massimizzando i nostri punti di forza e le debolezze dell'avversario e minimizzando le nostre debolezze e i punti di forza dei rivali.
L'opinione di Giuseppe Borgioli
LA PESTE NELLA CITTA’ DI ORANO
di Giuseppe Borgioli
La mia generazione fu molto colpita dal romanzo di Albert Camus “La peste” che veniva letto come una metafora dei totalitarismi del XX secolo. Nel racconto di Camus la epidemia si diffondeva nella città di Orano, in Algeria, e faceva le sue vittime in una atmosfera di rassegnato fatalismo. Poi spariva così come era venuta, apparentemente senza un senso, una spiegazione razionale. L’immagine di questo romanzo ci è tornata alla mente in questa settimana di passione dominata dal corona virus che ha visto l’Italia vittima di una epidemia non chiaramente definita e scossa da una psicosi collettiva dai confini allarmanti. Il panico si è impossessato di gran parte del nostro popolo che ha saccheggiato i supermercati per approvvigionarsi di beni di consumo mentre le reti televisive continuavano a dare notizia dei focolai di contagio come si trattasse di una campagna militare, una vera e propria guerra contro il nemico socialmente invisibile. Un errore di comunicazione? Una esagerazione che non ha aiutato l’opinione pubblica a tenere i nervi saldi? Il presidente del consiglio nella giornata di domenica 23 febbraio ha fatto la bellezza di 16 apparizioni televisive per ripetere lo stesso ritornello che tutto era sotto controllo. La competizione fra il governo centrale e le regioni ha fatto il resto. La serietà (e la gravità) della situazione avrebbe dovuto ispirare un comportamento diverso improntato alla chiarezza e trasparenza delle comunicazioni, al pieno coordinamento fra i livelli amministrativi, alla piena assunzione delle responsabilità da parte di chi ci governa. E che dire dei partiti? Ciascuno si è preoccupato di trarne il vantaggio politico elettorale. Uno spettacolo indegno di cui saremo chiamati a pagare il prezzo. Ora siamo sempre più isolati dal mondo con i turisti, tradizionale risorsa della nostra economia, che sembrano averci tagliati fuori dai loro progetti di vacanza. Come si fa a riacquistare la fiducia perduta? Saranno sufficienti le campagne di promozione? Temiamo di no. Eppure bastava poco. Bisognava uscire dal labirinto delle parole. Poche parole (meditate) e gesti (significativi). Il terremoto di Messina divenne una icona per la visita di Vittorio Emanuele III. Il corona virus passerà alla storia per le mascherine introvabili.
Politainment Dal giubbotto di Renzi alle foto “after sex” di Salvini.
di Davide Simone
Nel 1980, la finanza statunitense scoprì il grande potenziale che le piattaforme mediatiche offrivano in termini commerciali e pubblicitari. Fu così che colossi quali la General Elettric, la Disney, la Twentieth Century Fox o, ancora, la Viacom, fagocitarono le maggiori testate cartacee e i maggiori canali audiovisivi. Effetto collaterale di questa operazione fu l’"infotainment" (“intrattenimento-spettacolo”), un genere di informazione variegato e popolare nato con lo scopo di cooptare il maggior numero possibile di spettatori (e quindi di acquirenti).Se decenni dopo il concetto di “infotainment” è abbastanza familiare anche tra i non “addetti ai lavori”, la stessa cosa non si può dire del “politainment”, sua diretta emanazione e forse fenomeno ancor più importante.Conseguenza anche della “personalizzazione” della politica, altro passaggio dovuto alla crescita del ruolo dei media (tradizionali e nuovi) nella nostra società, il “politainment” è una migrazione verso il “pop” dei vari leader di partito, l'acquisizione da parte loro di atteggiamenti tipici dello show buisiness, la partecipazione a programmi “leggeri” ma di grande successo. Il “politainment” può tuttavia limitarsi alla galassia on-line e soprattutto ai social. Un grande protagonista in tal senso è ad esempio Matteo Salvini, con i suoi post virali e anti-convenzionali su Twitter, Facebook e Instagram.Indicati da molti come responsabili del peggioramento dell'informazione politica e dell'imbarbarimento della politica stessa, il “politainment” e l'” infotainment” politico più in generale trovano ad ogni modo anche estimatori e difensori. Per la Prof. Baym, volendo citarne uno, offrono un “contrappeso alle forme tradizionali di discorso politico dominate da esperti e insider ma irrilevanti per i mondi vitali dei pubblici”, sono “un correttivo a un giornalismo che è diventato subalterno ai professionisti della comunicazione politica e affetto da condizionamenti di interessi extra-giornalistici” e hanno “il potenziale di rendere l'informazione gradevole, [...] premessa per partecipare all politica”
*Una simile spaccatura si verificò con l'affermazione della TV. Gli intellettuali di area marxista e della Scuola di Francoforte assegnavano (e assegnano) alla cultura e all'arte un ruolo pedagogico, quindi percepivano i programmi di evasione e l'intrattenimento leggero del piccolo schermo come strumenti usati dal potere per tenere le masse nell'ignoranza, in modo da gestirle e controllare meglio. A loro si opponevano gli “integrati”, che vedevano e vedono nella grande distribuzione un'opportunità per l'emancipazione della gente comune. Dopo l'entrata in politica di Silvio Berlusconi, in particolare, prese piede a sinistra la convinzione che il successo nelle urne del tycoon milanese fosse dovuto ad una manipolazione continua e costante delle coscienze degli italiani messa in pratica dalle sue reti televisive. Come la DC grazie a "Lascia o raddoppia?" e "Il Musichiere", Berlusconi avrebbe creato un nuovo tipo di italiano, servendosi di "Ok, il prezzo è giusto" o "Drive in". Un cittadino superficiale, orientato esclusivamente al profitto e all'edonismo, compatibile quindi con il messaggio forzista. Si tratta di un'analisi ideologica, sommaria e grossolana, che non tiene conto dell'evidenza che i programmi offerti da Canale 5, Italia Uno e Rete Quattro fossero perlopiù format stranieri e/o in ogni caso diffusi anche all'estero, mentre un fenomeno quale il berlusconismo è e resta peculiarità esclusiva del nostro Paese, senza riscontri nemmeno nelle democrazie occidentali più fragili. La chiave del successo politico dell'ex Cavaliere fu invero la sua capacità di porsi come uomo nuovo in una fase di crisi sistemica e valoriale acuta (1992-1994) e di coagulare intorno a se un elettorato già esistente e molto ben definito e definibile, quello missino, leghista e del pentapartito in disfacimento, ossia le forze che durante l'intera storia repubblicana si erano contrapposte alle sinistre comuniste, post-comuniste e ai loro alleati. Pur riconoscendo al suo arsenale mediatico e al suo prestigio come imprenditore un ruolo forse fondamentale nella sua ascesa politica, la teoria che vuole le tre reti di Cologno Monzese come oscure burattinaie della psicologia del popolo italiano non ha diritto di cittadinanza nella storiografa scientifica.
Perché il debunking non è per tutti (e nemmeno le bufale)
di Davide Simone
Passaggi e conoscenze per il data & cultural insight:
-analisi dei data (big e small), per capire a fondo i sistemi di credenza da modificare
-comprensione e uso dei bias cognitivi , per definire i sistemi di verità e cosa è vero per una comunità o un individuo
-strategia organizzativa, direzionale e geopolitica, per definire nel dettaglio i metodi in cui modificare un eventuale regime di verità
-hacking media, per pianificare un eventuale “attacco” mediatico, ma soprattutto proteggersi da eventuali aggressioni (cyber o meno che siano)
Passaggi e conoscenze per il fake design:
-design contro-fattuale, per definire i principi base su cui costruire informazioni e notizie inventate (falso, confuso, ecc)
-creazione di contenuti , per ottenere quelli necessari basati sui principi indivuiduati
Passaggi e conoscenze per il perception management:
-management delle percezioni, per allineare i contenuti individuati con le credenze dei pubblici e definire i nuovi modelli di percezione da far rivivere
-tecniche di framing, per definire le cornici cognitive (testuali e visive) più adatte con cui presentare i contenuti individuati
-architettura delle credenze, per monitorare in progress eventuali cambiamenti nei regimi di verità e intervenire prontamente
Passaggi e conoscenze per il truth building:
-strategia narrativa, per costruire il piano dei racconti necessari a influenzare un pubblico in base ai contenuti individuati e ai framing decisi
-story editing per fare la preparazione e l'editing dei diversi racconti individuati in base ai passaggi precedenti (sia testuali sia visivi)
-narrowcasting, per adattare i diversi contenuti narrativi, dedicati ai diversi pubblici, sui diversi media scelti e farli girare su canali individuati in modo sistematico
Competenze legali
(A. Fontana)
Troviamo qui riassunto uno schema-base sulle competenze e le abilità necessarie tanto per fare propaganda (intesa come alterazione della verità) quanto per saperla riconoscere e disinnescare. Uno schema applicabile ad ogni spazio del sapere e utilizzabile contro qualsiasi bersaglio, incentrato su un sistema complesso e definito di saperi ed esperienze. Non è insomma possibile improvvisarsi comunicatori e propagandisti, come non è possibile improvvisarsi debunker. Più nel dettaglio e come insegna il modello anglo-americano, sarà preferibile un lavoro d' equipe, in cui ognuno è destinato al proprio ambito di formazione specifico. Nel caso del debunking la mancanza di un adeguato background rischia di esporre all'errore, ma soprattutto alla contaminazione dell'elemento ideologico ed emotivo, fornendo un assist ideale all'“avversario.”