Parola di Re
L'UMI è istituita per raccogliere e guidare tutti i monarchici, senza esclusioni, al fine di ricomporre in sè quella concordia discors che è una delle ragioni d'essere della Monarchia e condizione di ogni progresso politico e sociale. Suo compito non è la partecipazione diretta alla lotta politica dei partiti, ma la affermazione e la difesa degli ideali supremi di Patria e libertà, che la mia casa rappresenta.
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L'opinione di Giuseppe Borgioli
A CHE SERVE UN RE ?
di Giuseppe Borgioli
Le mele marce sono sempre di più. Inadeguato il reclutamento all’ingresso e nella catena di comando
di Salvatore Sfrecola
Le mele marce ci sono sempre state, dappertutto. Generali che hanno passato informazioni al nemico, funzionari del fisco e magistrati corrotti, agenti delle Forze dell’ordine infedeli, docenti delle scuole di ogni ordine e grado che hanno dato scandalo. E tutte le volte ci siamo indignati, come nel caso degli eventi delittuosi che si sente dire sarebbero avvenuti nella Caserma dei Carabinieri di Piacenza, dopo esserci stupiti che sia stato possibile. Continuiamo ad indignarci sempre più spesso e questo vuol dire che i casi sono aumentati. Che, in primo luogo, si è eclissato il senso dello Stato, la fedeltà alle istituzioni, il rispetto della legge per il pubblico dipendente che la Costituzione ricorda essere “al servizio esclusivo della Nazione” (art. 98) e deve adempiere le funzioni pubbliche che gli sono affidate “con disciplina ed onore” (art. 54). A monte c’è evidentemente un problema di adeguatezza dei soggetti inseriti nella catena di comando perché, secondo il detto popolare, antico ed efficace, “il pesce puzza dalla testa”. C’è un problema di reclutamento all’ingresso e nella progressione nelle funzioni. Che non è più orientato ad una rigida selezione professionale e morale dei pubblici dipendenti. Un tempo, oltre a prove scritte ed orali capaci di verificare la conoscenza delle materie professionali, c’era anche la “buona condotta”, un requisito che si basava sull’assenza di precedenti penali che, pur non dando luogo alla cancellazione dalle liste elettorali, quindi alla perdita del godimento dei diritti politici, potevano assumere rilevanza sul piano della condotta morale e civile del cittadino. La legge 29 ottobre 1984, n. 732, ha eliminato il requisito dallo Statuto degli impiegati civili dello Stato. Diminuite le prove selettive, disarticolato il sistema organizzativo con il ripetuto passaggio generalizzato alle qualifiche o ai livelli superiori, in conseguenza di una regola folle, tutta italiana, secondo la quale il trattamento economico cresce in modo significativo solamente se si è promossi ad una qualifica o ad un livello superiori, era inevitabile che avremmo assistito al progressivo sfascio delle strutture pubbliche. L’italica fantasia, con la complicità dei sindacati legati ai partiti politici, ha inventato ogni possibile trasformazione dei ruoli e delle funzioni. Non ci sono più da tempo il gruppo A, B e C, che distinguevano le carriere direttive, di concetto ed esecutive, non le qualifiche corrispondenti a strutture amministrative, la sezione con il Capo Sezione, la Divisione con il Capo divisione. Qualcuno avrà visto un famoso film, Monsù Travet, con Carlo Campanini che impersona un modesto impiegato ansioso di corrispondere alle disposizioni di un Capo Sezione sempre incombente. Una volta si cita il Commendatore, il Capo Divisione, mai il direttore generale. Oggi i direttori generali sono centinaia, spesso preposti a micro strutture, anche solamente di una decina di persone. Chi ricorda che il direttore generale era nel cosiddetto “ordinamento gerarchico” il grado quarto della Pubblica Amministrazione, che nelle Forze Armate corrispondeva a Generale di divisione. L’avete mai visto un generale a due stelle comandare una divisione di dieci soldati? Del resto la Provincia di Roma aveva un Generale di brigata alla guida della Polizia Provinciale, un centinaio di elementi, la consistenza di una compagnia. Roba da tenente o, al più, da capitano.
Ancora un esempio. Alcuni giorni fa, essendomi recato in un ufficio della Polizia Municipale di Roma in portineria mi ha accolto un agente molto gentile che sulla spallina recava due stelle. Un tempo erano le insegne di un tenente. Ancora. Quando si veniva fermati da una pattuglia dei Carabinieri la comandava un vice brigadiere o un brigadiere. Oggi la medesima pattuglia è formata da due o tre marescialli, un grado importantissimo nella struttura di comando, alla guida di una Stazione, il presidio territoriale dell’Arma. Ancora, non me ne vogliano gli amici generali, ma tutti questi Generali di Corpo d’Armata quando non ci sono Corpi d’Armata che ci stanno a fare, che senso hanno, se non per arricchire un biglietto da visita.
Come mai nei film polizieschi in America la polizia delle grandi città è comandata da un tenente o da un capitano? Il Tenente Colombo è passato alla storia del cinema.
Sviliti i gradi, sono risultate svilite le relative funzioni. Un disastro, insieme ai passaggi di livello senza vere selezioni, per finire con l’art. 19, comma 6, del decreto legislativo 165 del 2001 un “dirigentificio” di amici dei politici. Persone che non hanno mai vinto un concorso, anzi che non hanno mai pensato di farlo, si trovano dirigenti per essere stati al seguito del politico di turno. Con l’effetto di mortificare i funzionari di carriera nelle loro legittime aspirazioni. Altro si potrebbe dire. Ad esempio che i Carabinieri un tempo reclutavano direttamente i loro allievi e li formavano rigidamente. Oggi li prendono dall’esercito essendo diversamente addestrati e se sono fuorviati, quanto a senso dello Stato e dell’onore, non c’è più possibilità di addrizzarli. Mi fermo qui. Disgustato. Le mele marce sono davvero troppe.
L'opinione di Giuseppe Borgioli
QUANDO LA CASA BRUCIA
di Giuseppe Borgioli
I fondi messi a disposizione dall’ Unione Europea si prenderanno la consistenza di moneta sonante in tempi che non è dato prevedere. Per ora resta l’ammontare del debito che lasciamo come onerosa eredità ai nostri figli e nipoti. Oh, lo sappiamo anche noi poveri provinciali che il debito si vende…… sino a che si trova da venderlo altrimenti non resta che trovare l’acquirente, questa volta non cinematografico, della fontana di Trevi. Non è difficile l’esercizio della Cassandra in una situazione così disastrata. Le finanze pubbliche servono solo per escogitare voci di debito atte a sanare temporaneamente gli interessi sul debito. Marco Minghetti e Quintino Sella inorridirebbero. L’Unita d’Italia è stata falla su ben altre basi e in tutti decenni successivi la linea del Piave della buona finanza è stata osservato scrupolosamente. Anche all’indomani della seconda guerra mondiale, le finanze italiane seppero stare al passo con le necessità insorte. Come è accaduto improvvisamente che prendesse piede questa ubriacatura della spesa facile e del debito insolvente per definizione è un mistero che anch’io non riesco a spiegarmi. Illustri accademici, premi Nobel, e si parva licet i nostri esperti di economia che non volevano passare da provinciali si sono prodigati nel giustificare la moltiplicazione del debito con la illusione come nella commedia dell’arte che qualcuno pagherà. Oggi la situazione è così degenerata che nessuno ha il buon gusto di parlare del debito in società. Tutti fanno a gara, destra e sinistra, nel promettere e accennano al debito solo per dire come spenderlo. Conosco anch’io, perché le ho studiate, le teorie di Keynes e non faccio uno sforzo per capire le buone intenzioni dell’economista inglese cha infine ebbe ad affermare “perché non sono Keynesiano”. Spendere è più facile che risparmiare. Lo sanno bene i politici di mestiere che non pronunciano volentieri il monosillabo “no”. Sergio Ricossa aveva scritto in tempi non sospetti un divertente libretto dedicato principalmente alle nuove teorie economiche e monetarie: “I fuochisti della vaporiera”, poiché se la locomotiva del debito pubblico ha progredito a ritmi impensabili vuol dire che c’è stato chi non ha fatto mancare il combustibile. Negli ultimi 40 anni non mi risulta che ci sia stato governo o ministro delle finanze che sia andato in contro tendenza. Tutti, destra e sinistra, spendaccioni? Quale diabolico spiritello si è impossessato delle nostre menti e dei nostri stili di vita? Siamo stati frugali anche noi, per la verità siamo stati poveri. Forse proprio la nostra antica povertà ci ha portati al consumismo dei nostri tempi, al possedere come febbre collettiva. Ma le cose stanno prendendo una brutta piega e a nulla valgono le trovate furbesche. Mi ha molto colpito una intervista di un programma di storia alla Regina Maria Josè andato in onda la scorsa settimana. Alla domanda di un anonimo intervistatore come Sua Maestà avesse trovato la forza di fare quello che fece in un momento di vera emergenza, la Regina ha sussurrato con un fil di voce: “Quando la casa brucia…”
Addio, Pietro
L’Unione Monarchica Italiana china il Tricolore del Regno d’Italia per la scomparsa dell’’Avv. Pietro Luca di Windegg, conte, storico esponente monarchico, Membro del Consiglio dei Probiviri dell’Unione Monarchica Italiana, Membro della Consulta dei Senatori del Regno, stringendosi con affetto alla famiglia.
Conte Avv. Pietro Luca di Windegg