Parola di Re

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L'UMI è istituita per raccogliere e guidare tutti i monarchici, senza esclusioni, al fine di ricomporre in sè quella concordia discors che è una delle ragioni d'essere della Monarchia e condizione di ogni progresso politico e sociale. Suo compito non è la partecipazione diretta alla lotta politica dei partiti, ma la affermazione e la difesa degli ideali supremi di Patria e libertà, che la mia casa rappresenta.


(Umberto II - 1956)

di Gaspare Battistuzzo Cremonini

CHERNOBYL, se una serie tv è ‘più dannosa di una battaglia persa’

Sembra che lo spopolare del romanzo Le mie prigioni, del patriota risorgimentale Silvio Pellico, catturato e rinchiuso dagli Austriaci nelle famigerate carceri dello Spielberg, procurasse al ferreo principe di Metternich tanto fastidio che egli dicesse proprio questo: “il successo di quel libro è per noi più dannoso d’una battaglia persa.

In effetti Le mie prigioni, oltre ad essere un testo con passaggi di notevole lirismo, ebbe un effetto devastante per l’Impero d’Austria sotto il profilo mediatico della propaganda, per come lo definiremmo oggi: tutta Europa fu mossa a simpatia verso la piccola, povera, spezzettata e un po’ stracciona Italia che però era così eroica da voler sfidare il gigante austriaco e divenire ben più che “soltanto una mera espressione geografica.

Noi anticomunisti viscerali, cari amici, che cosa fosse il Comunismo, sovietico o cinese o africano che fosse, l’abbiamo sempre saputo e sempre l’abbiamo, pur con compostezza e cultura, urlato ai quattro venti. Noi monarchici lo andiamo dicendo da cento anni, da quel fatidico assassinio dell’intera famiglia Romanov da parte dei bolscevichi del compagno Lenin.

Eppure ciò non è mai bastato. Non è mai bastato dimostrare storicamente come Mussolini e Hitler siano mostri nati geneticamente dal DNA di Lenin e come l’ascesa del Bolscevismo russo sia stata la coltura batterica ideale per far proliferare quelle altre due terribili malattie novecentesche che furono, appunto, Fascismo e Nazismo.

Non siamo mai stati creduti. Siamo sempre stati ritenuti per un verso dei malfidati desiderosi di giustificare le dittature di destra – ancorché la nostra tradizione sia, ovviamente, quella conservatrice liberale, - e per l’altro degli altezzosi naufraghi d’un’altra epoca persi a vagheggiare la douceur de vivre prerivoluzionaria mentre il proletariato moriva di fame.

Questa volta un aiuto – e che aiuto! – ce lo fornisce la televisione. La splendida miniserie angloamericana Chernobyl ideata da Craig Mazin, basata perlopiù su testimonianze di sopravvissuti, ci racconta, finalmente in prima serata (su La7), quello che fu il Comunismo Sovietico e quello che era vivere in un regime comunista prima del 1989: ora nessun Massimo D’Alema, nessuna Nilde Iotti, nessun Palmiro Togliatti potrà più ingannare l’italiano medio descrivendo favolose terre in cui ‘tutti stavano bene’ e in cui ‘regnava l’armonia del progresso’.

Finalmente chiunque, ora, grazie a questa pregevolissima opera cinematografica, può da sé vedere cosa produsse la scellerata ed incosciente incompetenza di un regime totalitario come quello sovietico: la progettazione di un reattore con un vizio tecnico alla base, debitamente taciuto; la sua gestione affidata ad ingegneri ‘anziani’ che avevano dai venticinque ai trentacinque anni; la pervicace spregiudicatezza di barattare le vite delle persone in cambio dell’integrità d’immagine dell’ Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche.

Finalmente, in un paese come l’Italia che nel secondo dopoguerra aveva il più grande Partico Comunista dell’Occidente che sedeva indisturbato in Parlamento, arriva questa serie che è allucinante ed opprimente eppure risulta chiara e fresca come pura acqua di fonte: dopo oltre settant’anni è l’arte, la cinematografia, a sconfessare le menzogne di un partito, quello Comunista, che raccontava agli italiani che in URSS esisteva una patria per essi ben più giusta ed egalitaria dell’Italia.

Gli sforzi del fisico nucleare Valerij Legasov - costretto a combattere contro le radiazioni che infestano centinaia di chilometri di campagna ucraina quasi si fosse in Nausicaa della Valle del Vento (che per inciso è un must dell’indiscusso maestro Miyazaki, da vedere per chiunque si definisca pur minimamente ambientalista), - preso tra la difesa del diritto alla salute delle persone e le stritolanti autorità di Partito e del KGB che fanno di tutto per zittirlo rimane, in questo periodo di statue che cadono per mano di folli invasati, un monumento vivente alla forza della Libertà contro la miopia del Totalitarismo.

Il favoloso Eden dei Lavoratori che descriveva Togliatti - il quale in Unione Sovietica aveva anche una città che portava il suo nome, Togliattigrad appunto, - si rivela nelle poche ore di questa strabiliante miniserie un vero e proprio Inferno della corruzione e della distruzione dell’Individualità. Uomini a migliaia usati dal Partito come carne da radiazione, quasi che il Mostro Comunista necessitasse di sacrifici umani per sopravvivere ed alimentarsi: altro che paradiso dei proletari e fregnacce del genere!

Se ci fosse ora il principe di Metternich forse gli scapperebbe un sorriso e, pensando magari alla fine dei Romanov, direbbe che questa serie tv è e sarà, per il Comunismo, più dannosa di una battaglia persa.