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LA REPUBBLICA SENZA MEMORIA

Il 10 di febbraio è il giorno del ricordo della tragedia delle foibe titine dove furono trucidati dal 1943 al 1945 inoltrato circa 20.000 istriani e dalmati che agli occhi dei lei loro aguzzini avevano la sola colpa di essere Italiani e di sentirsi legati all’Italia.

Ancora oggi quel giorno è celebrato (o ignorato) con un sottile senso di fastidio quasi che la storia dei nostri fratelli di quella martoriata parte d ’Italia non ci appartenesse.

I corpi di quelle vittime come le immagini dei 400.000 profughi che abbandonarono le loro adorate terre per fuggire dalla dittatura comunista sono cancellati nella iconografia ufficiale della repubblica. Questi valorosi e coraggiosi Italiani (donne e uomini, vecchi e bambini) furono accolti dal gelo e dalla indifferenza se non dall’ostilità’. Eppure, con le loro sole forze già messe a dura prova ricominciarono daccapo e dettero vita in pochi anni ad imprese e attività commerciali che fanno onore a tutta l’Italia.

In silenzio hanno conservato il ricordo delle tribolazioni loro e delle loro famiglie, nel disinteresse generale, soprattutto dei politici.

La cattiva coscienza che ha costretto i media a parlare almeno il 10 febbraio di questa pagina nazionale e europea, ha però suggerito a molti commentatori (quasi tutti) di parlare contemporaneamente dell’olocausto, quasi per farsi perdonare l’imprudenza di aver difeso un pezzo di memoria degli Italiani.

Mi sovviene un gustoso episodio di un amico buon scrittore che si era sentito promettere da un giornalista la recensione del suo libro annunciandogli che ne avrebbe dovuto scriverne male, questo il prezzo da pagare alla politica del suo giornale. L’alternativa era la stroncatura o l’oblio.

Quelli che scappavano dalla Jugoslavia di Tito erano veri profughi politici che l’Unità organo del Partito Comunista Italiano dipingeva in questo prezioso quadretto. E’ Piero Montagnani che scrive il 30 novembre 1945: “Non riusciremo mai a considerare avanti diritto ad asilo coloro che si sono riversati nelle nostre grandi città, non sotto la spinta del nemico incalzante, ma impauriti dall’alito di libertà che precedeva o coincideva con lì avanzata degli eserciti liberatori".

In questo l’opzione di quella area politica non è cambiata: contro i veri profughi, a favore dei falsi profughi.

Spesso il silenzio dignitoso è preferibile alla ipocrisia delle commemorazioni rese come atti dovuti.

Un ultimo dubbio. E la Chiesa Cattolica che pur patì in quegli anni la persecuzione insieme al martirio di tanti sacerdoti non ha nulla da dire?

Giuseppe Borgioli