Stampa

di Adele Scirrotta*

Sin dall’antica Grecia, l'agricoltura era alla base dell’economia del paese. Circa l'80% della popolazione era impiegato in questa attività. Gli uliveti erano un investimento a lungo termine, ci volevano più di venti anni perché un albero iniziasse a produrre olive, e fruttificava soltanto ad anni alterni. L’uva era un altro importante frutto della terra rocciosa, ma richiedeva molta cura anche se veniva coltivata sin dall' età del bronzo. Di agricoltura si parla nell’Odissea, si sono scritti poemi e poesia, insomma è da sempre la nostra base culturale. Quando fu messa in circolazione e coniata la lira vi erano rappresentati simboli che richiamavano l’agricoltura a testimoniare lo sviluppo e il crescere del nostro Paese, dei nostri territori che negli anni hanno visto crescerne la bellezza grazie sempre all’agricoltura. Persino Il grande Imprenditore Olivetti ne parla, la definiva un continuo esperimento, di modo che chi la coltiva è destinato a rimanere a non abbandonarla ecco anche il segno della Campana. Ecco, sarebbe opportuno creare un mondo umanistico, culturale e farne un tesoro, una valorizzazione della nostra tradizione mediterranea, leggere fra i segni della terra fa di noi alti ricercatori di una cultura che regna da millenni. Ma, ahimè, oggi l’agricoltura è vista come un limone da spremere, gli agricoltori sono visti come portanti da spremere e creare business fra i palazzi. Mi chiedo, dove è finita quella magia, l’Unione, l’indispensabile e il necessario? Oggi siamo considerati costi non deducibili e invisibili. La nostra agricoltura deve essere elemento e fattore primario di una nuova agricoltura ma senza rivoluzione. Ad esempio: costruire collaborazioni con i comuni per utilizzare i terreni abbandonati o incolti per la coltivazione di cibo per la collettività. Costruire partenariato tra gli agricoltori, le Istituzioni e la comunità locale, in cui le responsabilità, i rischi ed i benefici dell'agricoltura sono in comune. I benefici sono goduti da tutti i lati: gli agricoltori, ad esempio, possono ricevere un reddito più stabile e sicuro e più vicino collegamento con la loro comunità, i consumatori possono trarre vantaggio da mangiare cibo fresco sano, sentendosi più legato alla terra dove si coltiva il cibo e l'apprendimento di nuove competenze. Insomma Oggi l'agricoltura non è “cool”. Occorre una sinergia tra tradizione e tecnologia. La sfida? Tutela e promozione dell’inclonabile “italian style”. Oggi a farne le spese è il cosiddetto capitale umano. Dobbiamo vederci in questo comparto aziendale un riscatto sociale, economico e finanziario. Ripristinare i fondi che in questi anni sono venuti a mancare. Si parla della PAC (Politica Agricola Comune) e le misure di sostegno all’occupazione a cui è strettamente legato lo sviluppo rurale. Siano migliorati i servizi che consentano gli imprenditori agricoli e alle imprese di conquistare il mercato con maggiore stabilità, dunque le istituzioni impieghino al meglio le risorse europee per il comparto agricolo-industriale e ambientale. Bisognerebbe avere un continuo confronto con gli organi competenti, affinché si possa rappresentare al meglio politicamente ma soprattutto efficacemente il comparto agricolo che è collante e motrice dello sviluppo passato e futuro del nostro territorio.  In conclusione l’agricoltura deve esser considerata un’impresa proiettata nel futuro, nel lungo termine e con redditi certi derivanti anche e soprattutto dal ricevimento del giusto prezzo dei prodotti e del lavoro di chi vive la terra. Ci vorrebbe a tutela un vero e proprio Decreto che salvaguardi ciò, un DECRETO AGRICOLA ITALIAE.                                          

* imprenditrice agricola