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IL LABIRINTO DELLA PANDEMIA

di Giuseppe Borgioli

Una volta entrati nel labirinto della pandemia non è facile uscirne. Una nazione si può bloccare per decreto. Per farla ripartire non è sufficiente un altro decreto. E non è questione nemmeno di semplice liquidità da immettere nel sistema. Si stanziano 400 miliardi sotto forma di prestiti super agevolati e super garantiti ma non è per nulla scontato che sortiscano l’effetto di rianimare l’economia di una nazione che è rimasta ferma per mesi e mesi all’insegna dell’elogio del divano, tutti a casa sine ora e sine die. L’acqua c’è, ma se il cavallo non beve? Possono funzionare i 200 miliardi destinati all’esportazione e non è poco per una economia che vive di commercio con l’estero. Il denaro è come il sangue che circola in un corpo vivo. Non danno risultati le trasfusioni su cadaveri. L’Italia rischia di diventare un cadavere che si muove solo perché sospinto dall’onda della folla. Si aggiunga che i 400 miliardi che il governo- burocrazia permettendo –  distribuirà sono a debito e i nodi verranno al pettine quando dovranno essere rimborsati nella pieghe di un bilancio già provato. Se andiamo avanti cosi uno specialista come Mario Draghi chiamato al capezzale del moribondo non potrà farci niente o ben poco. La constatazione che anche gli altri paesi si trovano in condizioni più o meno drammatiche può illudere i nostri governanti che mal comune sia mezzo gaudio. Di solito in queste condizioni ognuno cerca di tirare i remi in barca e la solidarietà funziona male. Il tanto citato piano Marshall che risollevò le sorti dell’Europa occidentale nel dopoguerra presentava un diverso scenario. Gli Stati Uniti erano i vincitori che avevano bisogno dell’Europa sia dal punto di vista commerciale che politico. Oggi i buoni propositi sono sotterrati dalle ragioni del realismo politico. Quando il paese reale riprenderà a pulsare di vita? Quando le piazza, i caffè, i ristoranti ritorneranno ad animarsi? Quando via Veneto, Via dei Condotti, Villa Borghese, la Roma Umbertina ritorneranno ed essere i luoghi della vita dolce e della conversazione. Di questi luoghi si diceva che erano il salotto di Roma. La stessa cosa potremo di altre città italiane.I visitatori cercavano anche questo: questa atmosfera umana. Speriamo che le nostre siano preoccupazioni ingiustificate. Ci dispiacerebbe dover sopportare un clima da controriforma senza riforma. Tutto questo mentre pendiamo dalla bocca degli esperti (!) per sapere quando usciremo da questo incubo. Quando ritornerà a fluire la vita delle città. La decisione – ricordiamolo - spetta alla classe politica, ad una classe politica degna di questo nome. Luigi Einaudi, monarchico e primo presidente di questa repubblica, nelle sue prediche inutili ci ha lasciato il monito conoscere per deliberare che significa che il politico non può fare a meno del parere dei tecnici. È il politico che decide.  Oggi sembra che i ruoli sino inversi.