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Un popolo senza identità, una elite senza il senso dello Stato

di Giuseppe Borgioli

Ha ragione Giuseppe De Rita (La Repubblica 31 luglio) a dire che siamo un popolo senza identità perché ci rifiutiamo di conoscere la nostra storia e non coltiviamo la facoltà della memoria? Temiamo che sia proprio così. Questa anonimia è più grave della crisi economica e finanziaria perché ci inibisce in ogni sforzo comune, in ogni impresa (giusta o sbagliata) che presupponga il sacrificio di tutti, in ogni perseguimento di un traguardo da conquistare insieme.

De Rita dimentica un particolare non secondario: non abbiamo forse cancellato dal nostro dizionario la parola Patria? Non ci hanno forse insegnato i cattivi maestri a sostituirla con la parola paese? A quale paese apparteniamo? I lombardi o i veneti a sentire i loro governatori non appartengono allo stesso paese dei campani, dei pugliesi, dei calabresi.

Questo declino è casuale o ha che fare con le istituzioni che necessariamente si inverano nei simboli. Che cos’è il simbolo se non il legame di ciò che si vede con ciò che non si vede e che tiene unito un popolo?

Si dice spesso che nelle monarchie costituzionali il Re ha una funzione simbolica. Evviva quel simbolo che permette a un popolo di parlare la stessa lingua, di godere degli stessi successi, di patire gli stessi dolori. Funzione simbolica non significa funzione decorativa.

Lo stesso De Rita ha riaffermato spesso la necessità   di una Chiesa Cattolica adeguata ai tempi. Anche questo è vero, tanto più vero in una società secolarizzata che sembra aver perso la bussola del viaggio e si è smarrita.

Il Vaticano è un colle importante nella vita spirituale di Roma e dell’Italia.

Il suo dirimpettaio è il colle del Quirinale che ha bisogno di simbolo laico.

Se ha da esserci un Re in Vaticano, ci sia un Re anche al Quirinale.

Alla assenza di identità del popolo fa da pendant la mancanza di senso dello stato nella elite politica e civile.

L’accoppiamento di queste due mancanze genera il vuoto del nostro tempo.