Stampa

IL VIRUS DENTRO IL SISTEMA

di Giuseppe Borgioli

I riflettori sembrano spegnersi sulla pandemia lasciando la scia di dolore e di recriminazione, chi piange i morti, chi sperava o contava che le cose andassero diversamente, chi si appresta a trascorrere una estate finalmente fuori dall’ incubo di un virus che mieteva vittime senza spiegazione. Il tunnel lascia intravedere la luce dell’uscita verso la vita. Il ricordo dei giorni della pandemia chiusi in casa è – come giusto e umano- un evento triste del passato che tutti ci siamo gettati alla spalla con la speranza che non ha mai abbandonato il popolo Italiano anche nei momenti più cupi della sua storia. Ma il virus è all’interno delle istituzioni della repubblica, corrode ancora la fiducia dei cittadini e per debellarlo non ci sono vaccini. Bisognerebbe prendere coscienza del nostro male interno e non affidarci alle parole di circostanza che ci vengono servite complici gli organi di informazione che fanno di tutto per tranquillizzarci e parlano d’altro.

Un sistema politico che si appella alla libertà deve rispecchiarsi in una Magistratura che non lasci dubbio sulla sua capacità di amministrare la giustizia. Una volta si diceva che la Monarchia si regge sull’onore dei Principi e sulla virtù dei Magistrati di rendere giustizia nelle aule dei tribunali.

Cosa sta accadendo nelle aule dei tribunali e nel Consiglio Superiore della Magistrature, l’organo di autogoverno, è sotto gli occhi di tutti.

È solo questione della degenerazione del sistema correntizio che si è impossessato del sistema giudiziario in tutti i gangli? Abbiamo qualche dubbio in proposito.

Siamo certi che gran parte dei Magistrati usciti dai concorsi sono persone degne che sono dotati di senso dello stato e cercano di rendere onore a ciò che sono chiamati a rappresentare.

Ma c’è qualcosa che non funziona, che è molto più importante della pandemia e che non si risolve con una delle tante riforme in cantiere.

La buona volontà non basta. La storia della repubblica dimostra che non è con l’aumento degli organici o con la semplificazione delle carriere che si ottiene un risultato apprezzabile. Non sarà un caso che il corpo dei Magistrati restò sostanzialmente ordinamento   al Re e abbracciò l’ordinamento repubblicano con lo stesso spirito di servizio. Altri tempi sospirerà, qualcuno. Altri tempi e altre istituzioni. E non è un caso che la crisi più grave della repubblica abbia come bersaglio i Magistrati e la loro quotidiana amministrazione della giustizia.            Il presidente del Consiglio Superiore della Magistratura è ancora, quasi a testimonianza dell’architettura regia, il presidente della repubblica che si trova alla vigilia della scadenza del suo mandato, alle soglie del semestre bianco.

Il presidente Matterella pensa di poter lasciare la Magistratura in queste condizioni, senza dire una parola o lavandosi le meni con l’ennesima riformetta compromissoria?   Ciò vuol forse dire che la condizione dei Magistrati è meno grave della pandemia che ha causato tanti lutti?