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di Salvatore Sfrecola

Sembra che il Presidente della Repubblica abbia ritenuto che l’innalzamento del tetto all’uso del contante da 1.000 a 5.000 euro, contenuto nel decreto-legge “aiuti-quater”, non rispondesse ai requisiti di “necessità e d’urgenza” previsti dall’art. 77 della Costituzione quando il Governo ricorre a provvedimenti provvisori “con forza di legge”. È vero che la norma costituzionale precisa che il Governo “adotta” il decreto “sotto la sua responsabilità”, ma poiché lo stesso assume la forma di un decreto presidenziale il Capo dello Stato, che lo “emana” (art. 87), esercita sul testo un controllo di legittimità costituzionale, in particolare sulla verifica dei requisiti della necessità ed urgenza. Il controllo avviene, di regola, informalmente nella fase di predisposizione del decreto in un confronto tra gli uffici di Palazzo Chigi e del Quirinale, con la conseguenza che se il Presidente dissente da una norma e questa viene espunta dalla bozza predisposta dalla Presidenza del Consiglio, nel linguaggio curiale si dice che il Capo dello Stato ha esercitato una moral suasion. Cioè ha convinto senza polemica.

L’esperienza insegna che nel caso dei requisiti di “necessità e d’urgenza” il limite della conformità al dettato costituzionale è, in alcuni casi, estremamente labile. Tanto che, nella specie, si può dire che in un contesto di difficoltà economiche e sociali la necessità e l’urgenza potevano esserci essendo il Governo impegnato a favorire i consumi, assicurando maggiori disponibilità nelle tasche dei cittadini, anche in vista delle festività di Natale e Capodanno, consumi che naturalmente determinano una ricaduta positiva sulle produzioni e sulle entrate fiscali, in ragione dell’iva sugli acquisti. E se è vero che la modifica alle limitazioni all’uso del contante, nell’ipotesi del Governo, era prevista dal 1° gennaio 2023, è ragionevole pensare che la conoscenza del provvedimento avrebbe dato ai cittadini il senso di un “permesso” a spendere, da esercitare fin dai prossimi giorni.

Pertanto, secondo Marzio Breda, noto quirinalista, che ne ha scritto sul Corriere della Sera, la questione è “di forma e non di sostanza”. Non era di forma, invece, la questione, che gli uffici del Quirinale non hanno evidentemente segnalato al Capo dello Stato perché esercitasse la sua moral suasion, in quanto “estremo tutore e garante delle regole”, nel linguaggio di Breda, quando il governo Conte, con l’art. 21 del decreto-legge n. 76 del 2020, ha bloccato la giurisdizione della Corte dei conti in materia di “danno erariale” in un momento nel quale dilagava sui giornali la polemica su acquisti incauti di pubblici amministratori e funzionari, dalle mascherine comprate a prezzi esosi ai banchi con le rotelle rimasti inutilizzati. Esempi di scuola di pregiudizi causati ai bilanci pubblici, quantomeno con colpa grave, per l’evidente spreco di risorse pubbliche rilevanti. Va detto ancora che quella esclusione dell’azione risarcitoria è stata successivamente prorogata, ed è ancora attuale, nel silenzio del Colle più alto.