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Nuova puntata dell'antica disputa dinastica all'interno di Casa Savoia. Chi rappresenta la Famiglia?

 

Il sempre pronto Emanuele Filiberto ha trovato il tempo, tra un balletto ed una pubblicità, per attizzare il fuoco della polemica, affermando che, senza dubbio, è Suo Padre il Capo della Real Casa di Savoia. Lo deduce da taluni atteggiamenti del Re Umberto II, ad esempio dal fatto che il Principe Vittorio Emanuele sia stato, tra l’altro, accanto al Sovrano in occasione di un incontro con una rappresentanza di monarchici italiani in terra di Francia. Questa presenza, sostiene Emanuele Filiberto, dimostrerebbe l’abbandono da parte del Re dell’atteggiamento ostile manifestato alla notizia, raccolta dalla stampa, di ipotizzate nozze del figlio con la Signorina Dominique Claudel.

Era il 1960 ed Il Re aveva scritto al figlio il 25 gennaio ricordando le regole della Casa, contrarie a matrimoni borghesi. Regole che, scriveva il Sovrano, “non intendo e non ho il diritto di mutare, nonostante l'affetto per te”. Ora è certo che, in presenza di altra sposa, il Re non abbia modificato l’opinione su una regola che, ricordava, era stata “rispettata dai 43 Capi Famiglia, miei predecessori”. Concludendo che se il matrimonio avesse luogo “tutti i diritti passerebbero immediatamente a mio nipote Amedeo, Duca d’Aosta”.

Tali considerazioni del Re Umberto, furono ripetute nel 1963, alla notizia di altro fidanzamento di Vittorio Emanuele.

Pertanto, la presenza del Principe Vittorio Emanuele e della Consorte nelle richiamate circostanze, e forse in altre, attesta semplicemente l’immutato affetto per il figlio che pure aveva violato la legge dinastica.

Al citato evento pubblico, l’imbarazzato atteggiamento del Re, che non desiderava mostrarsi in pubblico con il figlio e la nuora, fu percepito dai molti presenti che ne hanno reso testimonianza ripetutamente.

Ancora una volta si cerca di confondere i ruoli di figlio e quello di successore dinastico, qualifica ultima che il ramo di Ginevra ha in più occasioni mostrato di non avere interesse ad esercitare, dall’atto di “intronizzazione” del 1969, alle tristi vicende dell’isola di Cavallo.

Da ultimo, a fronte della attestata fedeltà del Re Umberto II alle regole dinastiche contenute nella Legge Salica e alla Sua affermazione che “non intendo e non ho il diritto di mutare”, in dispregio della volontà del Sovrano è stato dato ampio risalto nei mesi scorsi ad una modifica dell’antica regola della successione al trono un Re in carica avrebbe potuto modificare nelle forme proprie della produzione legislativa. Una ulteriore dimostrazione che Vittorio Emanuele si è posto fuori della legalità dinastica.

Roma, 17 giugno 2021

Il Presidente Nazionale

Avv. Alessandro Sacchi