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Il referendum sul taglio dei parlamentari: una riforma che riduce la rappresentanza delle minoranze

Nella prospettiva del referendum sulla riforma costituzionale che riduce il numero di deputati e senatori, l’Unione Monarchica Italiana, che si richiama alla democrazia rappresentativa introdotta dallo Statuto Albertino e confermata dalla vigente Costituzione, si fa interprete di quanti, anche tra i costituzionalisti più accreditati, hanno manifestato preoccupazioni per il danno irreversibile che la riforma reca al pluralismo politico. Risulterà limitato, infatti, il ruolo delle minoranze, anche linguistiche e territoriali, nelle deliberazioni parlamentari sull’elezione del Capo dello Stato e sulla scelta dei componenti degli organi di garanzia, Corte costituzionale, Consiglio Superiore della Magistratura e organi di autogoverno di Consiglio di Stato e Corte dei conti.

Il fatto che l’iniziativa riformatrice sia la bandiera di un movimento politico, tra l’altro da tempo in caduta libera nei consensi elettorali, che predilige la democrazia diretta e avversa la democrazia rappresentativa, la dice lunga su una polemica, quella sui costi della politica, che trascura del tutto gli obiettivi di efficienza che alle istituzioni rappresentative della volontà popolare guarda da sempre l’elettorato, che vorrebbe assemblee di eletti e non di nominati. Una situazione destinata ad aggravarsi se fosse approvata, come si sente dire, una legge elettorale proporzionale che, basata su collegi di centinaia di migliaia di elettori, marcherà un ulteriore distacco tra i cittadini e una classe politica di estrema modestia, quanto ad esperienza e professionalità, come attesta quotidianamente il livello del dibattito politico.

In proposito vale l’esempio delle recenti elezioni nel Regno Unito, dove da sempre vige una legge elettorale maggioritaria basata su collegi uninominali. In quel Paese, che con poco più di 60 milioni di abitanti ha 650 deputati (contro i 630 della nostra Camera), a poche ore dalla chiusura dei seggi elettorali si è avuto un risultato certo, una maggioranza definita e, il giorno successivo, un nuovo governo.

I monarchici italiani, educati alla democrazia rappresentativa, denunciano i pericoli di una decisione demagogica e illiberale che, a fronte di un presunto “risparmio” attua una limitazione certa di quegli spazi di libertà che caratterizzano le democrazie occidentali attraverso la valorizzazione del pluralismo delle idee che costituisce l’essenza degli ordinamenti liberali.

Roma,12.01.2020

Il Presidente Nazionale

Avv. Alessandro Sacchi