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LA DISINTEGRAZIONE DELLO STATO

di Giuseppe Borgioli

La repubblica ha 74 anni, anche se io ho sempre sostenuto che è nata politicamente due anni dopo la sua proclamazione, nel 1948 con le elezioni del 18 aprile. La costituzione repubblicana che molti magnificano come la migliore del mondo risulta invece dal compromesso fra la democrazia cristiana e il partito comunista con i laici (liberali e socialisti) nettamente minoritari nel ruolo di compari d’anello. Per capire il senso di questo compromesso veramente storico si leggano gli atti della costituente, della discussione che accompagnarono la stesura della Carta. Democristiani e comunisti erano fatti per intendersi senza profferir parola, il loro era il linguaggio dei gesti. Il successo finale della costituzione repubblicana sta in questo compromesso preterintenzionale.  Comunisti e democristiano approvarono quell’atto di nascita con la riserva mentale di piegarlo alle contingenze, ciascuno a suo modo. Se il 18 aprile 1948 avessero vinto i comunisti, avrebbero potuto attuare la repubblica dei soviet senza cambiare la lettera della costituzione. Così la Democrazia Cristiana alla luce della stessa costituzione ha potuto sfare e disfare nel corso della prima repubblica. Privata dell’unità e della rappresentatività garantite dalla figura del Re, il particolarismo degli interessi politici e economici ha corroso le basi del sistema.  Dal manuale Cencelli al metodo   Luca Palamara per le nomine degli uffici giudiziari, la logica spartitoria non ha risparmiato niente e nessuno. Mentre il dopo coronavirus ha riacutizzato i contrasti fra le regioni e il governo centrale in materia di sanità pubblica, abbiamo raggiunto l’acume di ipotizzar una sorta di passaporto sanitario per essere accolti in alcune regioni se provenienti da altre. E non è stato agevole spiegare che non esiste alcuna immunità accertata. Una volta c’era il certificato di sana e robusta costituzione che si era ridotto a un burocratico adempimento. Intanto si sgretola il principio dell’unità dei diritti. Lo stesso significato di “cittadinanza europea” suona come uno slogan vuoto se non corrisponde all’esercizio dei diritti. Altro che solidarietà che è un passo successivo nella crescita di una comunità giuridica. Gli imprenditori son la parte più coraggiosa della vita nazionale.  Carlo Bonomi il presidente di Confindustria ha detto con chiarezza, senza giri di parola, che la conseguenza della crisi economica saranno più drammatiche del corona virus e ce lo faranno dimenticare. Chiodo scaccia chiodo. Ci riferiamo anche alla notizia che ha per protagonista Leonardo Del Vecchio un imprenditore straordinario che è partito dall’occhiale venduto sulle bancarelle sino a costruire  un impero industriale finanziario. Una delle poche multinazionali italiane. La notizia è che si accinge a raddoppiare la sua partecipazione al capitale di Mediobanca acquisendo una posizione di controllo nella banca che è qualcosa di più di una banca d’affari. Mediobanca ha svolto nei decenni, sotto la guida di Enrico Cuccia, una funzione di propulsione del sistema industriale italiano. Altro che sovranismo. Ancora una volta l’iniziativa di Leonardo Del Vecchio tende a perpetuare la funzione di Mediobanca in difesa della “italianità” della nostra industria. Purtroppo questa decisione come tutte le cose buone potrebbe essere ritardata o ostacolata dei politici che parlano più per il piacere delle agenzie di stampa che per risolvere i problemi. Tutti (o molti) si aspettano il ritorno allo statalismo. Il caso Alitalia è un piccolo segnale. Dare soldi senza sanare una azienda. L’IRI di Beneduce era chiamata l’ospedale delle aziende decotte perché, almeno sino a un certo tempo, le rimetteva in salute. Ma per salvare l’economia occorrono tanti Del Vecchio e uno Stato efficiente. Riusciremo a ricostruire lo Stato, contro lo statalismo?