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di Salvatore Sfrecola

( tratto da: Orrore! | Un sogno Italiano )

Orrore. Certamente per l’aggressione gratuita e brutale fino alla morte ad uno straniero, un nigeriano che sbarcava il lunario offrendo lungo le strade di Civitanova Marche pacchettini di fazzoletti ed accendini, e che forse ha avuto l’unico “torto” di insistere nel sollecitare un’elemosina, nel chiedere una moneta, un aiuto per la propria famiglia.

Orrore per la violenza perpetrata con particolare efferatezza, col bastone della stessa vittima che lo usava per sorreggersi. Orrore, dunque, per l’aggressione di una persona debole, che non ha potuto difendersi mentre l’omicida, non contento di averlo ripetutamente percosso, lo ha agguantato alla gola per spegnere le sue grida di aiuto e, insieme, il respiro vitale. E potremmo ancora a lungo diffonderci sulla barbarie che questa aggressione ha portato all’attenzione dell’opinione pubblica, anche se accertassimo che l’aggressore fosse effettivamente, come si è sentito dire, affetto da noti e pregressi disturbi mentali. Un orrore lungo quattro minuti, filmato dai presenti con i telefonini, quasi che la sofferenza e la violenza fossero un episodio di cronaca da conservare ed esibire.

Orrore nell’orrore. Perché i presenti non hanno fatto nulla per frenare la violenza, per intervenire, magari con delle urla per richiamare soccorsi. Posso capire il timore di esporsi fisicamente. Abbiamo tutti a mente episodi nei quali volonterosi intervenuti a dividere due contendenti sono stati, a loro volta, aggrediti subendo lesioni gravi. Vorrei poter credere che, non essendo capaci di opporsi fisicamente alla violenza, coloro che hanno filmato l’aggressione lo abbiano fatto per mettere a disposizione delle Forze dell’Ordine la prova del reato e consentire l’accertamento delle responsabilità.

Mi auguro che sia così. Eppure, la prima sensazione è stata quella del disgusto per il disinteresse mostrato nei confronti dell’aggredito, per una mancanza di pietà che non appartiene alla nostra civiltà che, invece, si gloria sovente di ritenere che l’aiuto ai deboli è un dovere morale, che fa parte del nostro modo di pensare, di quella che chiamiamo identità e che spesso richiamiamo, a ragione, per dire che gli altri, anche coloro che vengono in Italia da lontano, devono rispettarla.

L’ambulante nigeriano era un nostro ospite e noi avremmo dovuto sentire il dovere di difenderlo per dimostrare a tutti e al mondo che siamo gli eredi della civiltà del diritto, quella che per prima ha individuato la rilevanza giuridica del concetto di “persona”, poi irrobustita dall’insegnamento cristiano, che si identifica nel “buon Samaritano” variamente interpretato nel tempo dal Cavaliere medievale, tenuto a difendere i deboli, o dai santi della carità, da Camillo de Lellis a Madre Teresa.

Infine, l’orrore non ha sollecitato solamente pensieri di pietà per la vittima e condanna per l’aggressore. Infatti, c’è stato chi si è inserito nel clima preelettorale per agitare lo spettro del razzismo, una merce avariata nel dibattito politico, se non altro per gli effetti che può produrre in un contesto nel quale la presenza di un numero crescente di immigrati privi di fonti di sostentamento crea naturalmente problemi di sicurezza che possono in alcuni contesti rendere difficile la convivenza. Gettare benzina sul fuoco, da qualunque parte provenga, non è un buon servizio reso alla comunità.