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di Salvatore Sfrecola

(tratto da: www.unosognoitaliano.eu )

Lepanto evoca una grande battaglia navale, la risposta dell’Occidente cristiano all’espansionismo islamico, aggressivo e violento, come ancora l’Europa conoscerà un secolo dopo, quando le armate ottomane saranno sconfitte sotto le mura di Vienna, e che oggi costituisce un pericolo alimentato dai grandi fenomeni migratori che si affacciano sul bacino del Mediterraneo. Lepanto fu il luogo di un grande scontro avvenuto il 7 ottobre 1571, nel corso della guerra di Cipro, tra la flotta dell’Impero Ottomano e quella degli stati cristiani federati che misero in campo ingenti forze navali, la metà delle quali della Repubblica di Venezia, insieme ad altre provenienti dall’Impero spagnolo (con il Regno di Napoli e il Regno di Sicilia) dallo Stato della Chiesa, dalle Repubbliche di Genova e di Lucca, dai Cavalieri DI Malta, dai Ducati di Savoia, di Urbino, di Ferrara e di Mantova e dal Granducato di Toscana. La coalizione cristiana era stata promossa da Papa Pio V per soccorrere la veneziana città di Famagosta, sull’isola di Cipro, assediata dai turchi, strenuamente difesa dalla guarnigione locale comandata da Marcantonio Bragadin e Astorre II Baglioni. Il contesto è quello del crescente espansionismo ottomano diretto al controllo del Mediterraneo che minacciava non solo i possedimenti veneziani ma anche gli interessi spagnoli e degli altri stati rivieraschi italiani a causa delle scorrerie dei pirati che rendevano insicuri i commerci. In questo ambito Pio V ritenne fosse il momento di coalizzare gli stati cristiani contro l’impero ottomano. E così, l’armata, issato lo stendardo, un drappo di damasco rosso su cui era dipinto il Crocifisso tra gli apostoli Pietro e Paolo, benedetto dal Papa, consegnato a Marcantonio Colonna in San Pietro l’11 giugno 1570, appianati i dissidi tra i vari sovrani, fu affidata al comando di Don Giovanni d’Austria. La flotta della Lega (209 galere e 6 galeazze veneziane, oltre ai trasporti e al naviglio minore), salpata da Messina il 16 settembre, riunita il 4 ottobre nel porto di Cefalonia, avuta notizia della caduta di Famagosta e dell’orribile fine inflitta dai musulmani a Marcantonio Bragadin, l’eroico difensore della città, torturato a morte fino ad essere scuoiato vivo avendo rifiutato di convertirsi all’Islam, mosse il 6 ottobre verso il golfo di Patrasso, per cercare di intercettare la flotta ottomana. Il 7 ottobre 1571, domenica, Don Giovanni d’Austria fece schierare le proprie navi in formazione serrata, pronto alla battaglia. Che fu uno straordinario confronto nel quale prevalse la potenza di fuoco della flotta cristiana, superiore grazie all’artiglieria veneziana. La potenza di fuoco delle galeazze si dimostrò devastante, con l’affondamento/danneggiamento di circa 70 navi e la distruzione dello schieramento iniziale della flotta ottomana Nello scontro morì il comandante ottomano, Müezzinzade Alì Pascià. Cosa resta di Lepanto, al di là della battaglia descritta in modo puntuale dalle cronache e dai volumi che vi sono stati dedicati, da ultimo quello di Alessandro Barbero, che ha analizzato partitamente anche la posizione dei singoli comandanti e dei rispettivi sovrani? Resta l’immagine plastica dell’aggressività musulmana che non si è esaurita dopo la sconfitta, ma ha caratterizzato ancora i secoli successivi con l’occupazione di parti significative dell’Europa danubiana fino all’esaurimento dell’impero ottomano dopo la prima guerra mondiale. Ma non è finita. Ed ancora oggi l’Islam si affaccia minaccioso verso l’Occidente, come dimostrano le iniziative del dittatore turco Erdogan in medio oriente e nel bacino del Mediterraneo, fino ad intervenire in Libia, area strategica per l’Europa ed in particolare per l’Italia. La pressione dell’immigrazione economica, infine, consente al turco di contrattare con l’Unione europea aiuti in cambio del contenimento dei flussi migratori di coloro che provengono ad esempio dalla Siria verso la Grecia alla quale contesta aree marine di sfruttamento di giacimenti di idrocarburi. Soffiano venti di guerra. Che non ci sarà, ma forse l’Occidente non riuscirà ad essere unito e determinato come in quegli anni lontani.