LA PESTE NELLA CITTA’ DI ORANO
di Giuseppe Borgioli
La mia generazione fu molto colpita dal romanzo di Albert Camus “La peste” che veniva letto come una metafora dei totalitarismi del XX secolo. Nel racconto di Camus la epidemia si diffondeva nella città di Orano, in Algeria, e faceva le sue vittime in una atmosfera di rassegnato fatalismo. Poi spariva così come era venuta, apparentemente senza un senso, una spiegazione razionale. L’immagine di questo romanzo ci è tornata alla mente in questa settimana di passione dominata dal corona virus che ha visto l’Italia vittima di una epidemia non chiaramente definita e scossa da una psicosi collettiva dai confini allarmanti. Il panico si è impossessato di gran parte del nostro popolo che ha saccheggiato i supermercati per approvvigionarsi di beni di consumo mentre le reti televisive continuavano a dare notizia dei focolai di contagio come si trattasse di una campagna militare, una vera e propria guerra contro il nemico socialmente invisibile. Un errore di comunicazione? Una esagerazione che non ha aiutato l’opinione pubblica a tenere i nervi saldi? Il presidente del consiglio nella giornata di domenica 23 febbraio ha fatto la bellezza di 16 apparizioni televisive per ripetere lo stesso ritornello che tutto era sotto controllo. La competizione fra il governo centrale e le regioni ha fatto il resto. La serietà (e la gravità) della situazione avrebbe dovuto ispirare un comportamento diverso improntato alla chiarezza e trasparenza delle comunicazioni, al pieno coordinamento fra i livelli amministrativi, alla piena assunzione delle responsabilità da parte di chi ci governa. E che dire dei partiti? Ciascuno si è preoccupato di trarne il vantaggio politico elettorale. Uno spettacolo indegno di cui saremo chiamati a pagare il prezzo. Ora siamo sempre più isolati dal mondo con i turisti, tradizionale risorsa della nostra economia, che sembrano averci tagliati fuori dai loro progetti di vacanza. Come si fa a riacquistare la fiducia perduta? Saranno sufficienti le campagne di promozione? Temiamo di no. Eppure bastava poco. Bisognava uscire dal labirinto delle parole. Poche parole (meditate) e gesti (significativi). Il terremoto di Messina divenne una icona per la visita di Vittorio Emanuele III. Il corona virus passerà alla storia per le mascherine introvabili.