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E' uscito recentemente il libro “Il colle più alto” di Mario Pacelli e Giorgio Giovannetti  (prefatore il politico Giuliano Amato).Colpisce la prima parte del libro (quella relativa al Regno) che è un quadro denigratorio dei Sovrani d'Italia, di errori, di pettegolezzi, di dicerie, di falsità.Stupisce prima di tutto che il prefatore e gli autori che rivedono le bucce e i conti in tasca ai Re d'Italia, siano Giuliano Amato, del quale è nota l'estrema povertà; un funzionario della Camera dei Deputati il cui stipedio misero è noto a tutti; e un dipendente RAI i cui emolumenti sono anch'essi da fame; RAI nella quale si è assunti non già per pubblico concorso, ma per amicizie, protezioni politiche ed altri non sempre limpidi mezzi.Passando ad esaminare brevemente (nei limiti di una recensione), osservo al Signor Amato che il personale che “brulica” (p. XI) attualmente il Quirinale non è certo inferiore a quello del periodo regio in cui le cariche erano spesso meramente onorifiche e quindi non pagate coi soldi del cittadino. Le insinuazioni che l'Amato fa (p. XII) risultano negative per chi le scrive e non già per chi ne è oggetto. Soprattutto se provengono da magistrato nominato (dal pres. della Rep.) alla più alta Corte della Repubblica. Quanto all'affermazione che quella di Vittorio Emanuele II fosse una delle corti “più sontuose d'Europa” comprova l'ignoranza in materia del costituzionalista. La “leccata” a Ciampi nel finale, che “ha restituito l'orgoglio  agli Italiani, ecc.” fa solo sorridere.Pag. 4. Che Umberto II abbia fatto una “falcidia” di documenti non ha fonte, quanto a tutte le chiacchiere su “saccheggi” non riesco a capire come il Re avrebbe potuto portarsele in aereo le casse, in quanto partì con due valigie. L'ultimo capoverso del paragrafo (p. 5) è poi incomprensibile, come poteva esservi un “saccheggio” se nel 1964 e nel 1968 vi furono dei versamenti all'Archivio di Stato? Pag. 24. Non trovo traccia nel saggio delle continue, cospicue  donazioni che i Sovrani effettuavano in occasione di tragici eventi. Non trovo traccia della inesausta opera di beneficenza della Regina Elena (“Signora della carità benefica”: Pio XII), anche nell'esilio di Montpellier, tanto da indurre una suora del luogo a scrivere un libretto “I fioretti di Montpellier” e da far dire a Scalici (sono sicuro che gli autori sanno chi fosse) che non c'erano più soldi. Opera di bene svolta anche da Margherita (v. biografia di Casalegno). I Sovrani davano e davano molto, cari autori disinformati e denigratori, in tutti i settori, anche artistici, acquistando ad es., in occasione di mostre, quadri e sculture che poi donavano ai vari musei. La “Chiesa degli Italiani” di Bucarest fu costruita coi soldi di Vittorio Emanuele III.   Umberto II donò, seguendo l'esempio di suo padre per le monete, la sua raccolta di medaglie durante un governo Fanfani . Nel libro non si cita la lettera di Vittorio Emanuele III, letta alla Camera da Nitti l'11/9/1919: “... E' mio desiderio che parte dei beni fin qui di godimento della Corona ritorni al demanio dello Stato e quanti costituiscono fonte di rendita siano ceduti all'Opera nazionale combattenti. (…). Vorrei, infine, che la lista civile fosse nello stesso tempo ridotta di tre milioni; ferma mantenendo la restituzione allo Stato, che sarà come da me operata nel passato, del milione che rappresenta il dovario della mia genitrice”. Pag. 39. “La montegrina” [non sarebbe per caso un termine un tantino razzistico per indicare la buona Regina Elena?].Pag. 55. “Colonna di militari tedeschi” di via Rasella. Ma non erano anziani territoriali altoatesini?Pag. 59. Il 5 giugno 1946 (a p. 61 si indica il 10 giugno) non fu “proclamato” un bel niente. La Suprena Corte diede i risultati provvisori del referendum.Mi raccomando “Monarchia” sempre con la erre minuscola, “Repubblica” maiuscola! Sempre “ex re” (minuscolo). Che gli autori siano deboli in grammatica? Se dico presidente o re per indicare una precisa persona va maiuscolo.Maria Gabriella è figlia di Umberto, non “sorella”.Il tesoro della Corona NON comprende “migliaia di perle, diamanti, diademi, bracciali, spille, orecchini”. Il cofano fu riaperto negli Anni '70 e il contenuto non risultò quello che si afferma nel libro con malignità ed erroneamente. Ed è naturale che non vi fosse tale ricchezza. Il tesoro della Corona del Regno di Sardegna fu saccheggiato da Napoleone e scomparve durante l'occupazione del Piemonte. Questo di cui diciamo, era quello dei Savoia-Carignano, un ramo assai laterale della Dinastia (Viana, “Il Re costava meno”). Nel cofano custodito dalla Banca d'Italia non vi è quindi nessuna corona del Regno di Sardegna, nessuno scettro, nessun Collare dell'Annunziata (che erano a parte e che Umberto II lasciò all'Italia).O ignorantissimi, la Corona Ferrea è, ed è sempre stata, nel duomo di Monza.Vittorio Emanuele III, per vivere, prima di andare in Egitto, chiese un prestito al Papa (la leggete la rivista di Perfetti?). Umberto impegnò la collana di Margherita per pagare le spese del referendum (Artieri, Sale).

  1. 59-60. Passando al “ben poco delle proprietà degli ex re e della loro famiglia fu confiscata”; ma non per magnanimità della Repubblica come date ad intendere. Prima di tutto, osservo, furono avocati allo Stato dei beni privati, se gli eredi di Umberto si rivolgessero alla Corte di Giustizia europea, la Repubblica dovrebbe restituirli. Ma poichè era intervenuta la morte del de cuius prima dell'entrata in vigore della Costituzione “più bella del mondo”, l'aberrante norma costituzionale non era applicabile alle figlie di Vittorio Emanuele III. Il prof. Pacelli dovrebbe conoscere la regola giuridica se è stato un prof. di diritto all'Università anche se di “pubblico” e non di “privato”..

Nonostante l'avocazione dei beni nei confronti delle figlie apparisse senza fondamento anche a uno studente del primo anno di Giurisprudenza che ha dato “privato”, la Repubblica (ma in questo caso sarebbe forse meglio scriverla minuscolo) intentò cause sballate che andarono avanti anni, perdendole tutte.  (Artieri “Cronaca del Regno d'Italia”, vol. II, Appendice).Pag. 60. I beni di Vittorio Emanuele III furono ereditati dalle figlie (“una era morta)”.  Con tale linguaggio, solamente così, viene indicata per la prima e ultima volta Mafalda !!!Solo il quinto di Umberto poteva essere rubato e venne concentrato su Racconigi che passò allo Stato.  Studiosi degni del nome non direbbero mai che “certamente vi furono depositi di denaro all'estero”, se si “sospetta”, ma non si prova. Gli autori sono stati forse fuorviati da ciò che succede nella Repubblica Italiana. Sempre vennero denunciati dal Re al Governo l'esistenza dei soldi in Inghilterra (v. Viana).A proposito di tali soldi derivanti dall'assicurazione sulla vita dell'assassinato Umberto I, la Repubblica cercò di mettere le mani anche su questi, ma i processi intentati con i soldi delle tasse degli Italiani e persi con relative spese, furono tutti rigettati e il giudice inglese espresse parole infamanti per la Repubblica (Artieri). Non furono affatto  investiti  (p. 23). Ma quali fonti hanno consultato gli autori?